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Cassazione penale Sez. III sentenza n. 490 del 2 marzo 1996

Cassazione penale Sez. III sentenza n. 490 del 2 marzo 1996

Testo massima n. 1

Il D.L. 18 novembre 1995 n. 489, reiterato con il D.L. 18 gennaio 1996 n. 22 attraverso un inasprimento delle pene previste per i reati di cui all’art. 12 L. 30 dicembre 1986, n. 943, la disciplina predisposta per consentire una «regolarizzazione dell’offerta di lavoro», molto simile a quella già stabilita dall’art. 16 L. n. 943 del 1986, e con la statuizione di una normativa tesa ad offrire un minimo di tutela sanitaria, assistenziale e previdenziale ai lavoratori extracomunitari dimostrano come sussista un particolare interesse, costituzionalmente rilevante e garantito, dello Stato all’eliminazione del fenomeno del cosiddetto lavoro nero e del conseguente sfruttamento della manodopera extracomunitaria. La determinazione di una causa speciale di estinzione del reato di cui all’art. 16 L. n. 943 del 1986, contenuta nei commi 10 e 11 dell’art. 12 del D.L. n. 22 del 1996, e la possibilità di consentire la cessazione della permanenza della predetta contravvenzione tramite il rilascio dell’autorizzazione da parte del competente ufficio provinciale del lavoro chiariscono che è in facoltà del datore di lavoro far cessare la situazione illecita e ridurre una condizione di illegalità diffusa contrastante con i principi di eguaglianza e di solidarietà sanciti dalla nostra Costituzione, sicché il sequestro preventivo di un locale nel quale prestavano servizio varie lavoratrici extracomunitarie assunte irregolarmente può essere revocato in virtù dell’adempimento di dette condizioni.

Testo massima n. 2

La nozione di cose pertinenti al reato, lasciata espressamente dal legislatore all’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale, è più ampia di quella di corpo di reato definita nell’art. 253 comma 2 c.p.p. essendosi in detta norma operata tale distinzione per fornire una «definizione sufficientemente comprensiva sul concetto di corpo del reato e per mettere in risalto che la categoria dei beni pertinenti al reato non comprende solo questo ma abbraccia tutte le cose legate anche indirettamente alla fattispecie criminosa». Pertanto, poiché l’art. 253 definisce corpo di reato «le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo», la nozione di cose pertinenti al reato in sede di sequestro preventivo, oltre a comprendere dette cose, deve riguardare anche quelle, mobili o immobili che anche in via indiretta sono collegate in vario modo al reato.

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