14 Mag Cassazione civile Sez. II sentenza n. 11163 del 24 dicembre 1994
Testo massima n. 1
Il carattere amministrativamente illegittimo di un’opera edilizia [ nella specie sopraelevazione di un preesistente corpo di fabbrica, in assenza di provvedimento concessorio ] la quale non contrasti tuttavia con le prescrizioni comunali in materia di distanze, non determina automaticamente pregiudizio a carico del fondo confinante, il cui proprietario ove agisca per il risarcimento del danno provocatogli dall’opera abusiva deve dare la prova che essa incide negativamente sul proprio fondo sotto il profilo dell’amenità, del soleggiamento e della visuale, deprimendone conseguentemente il valore. A tal fine non rileva, di per sé, l’esistenza sul detto fondo di un’abitazione quando il mancato accertamento della posizione di questa rispetto al corpo di fabbrica abusivo renda impossibile stabilire se ed in quale misura essa risulti privata di aria, luce e vista, restando inoltre escluso che a tale carenza possa supplirsi mediante valutazione equitativa del danno, poiché il potere attribuito al giudice dall’art. 1226 c.c. non esonera l’interessato dall’onere di offrire gli elementi probatori in ordine alla sua esistenza.
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Testo massima n. 2
Nella domanda di risarcimento del danno per violazione delle norme di edilizia, fondata oltreché sul mancato rispetto delle distanze dai confini, anche sulla difformità della costruzione dalle prescrizioni comunali, è implicita la richiesta degli eventuali danni connessi soltanto al carattere amministrativamente illecito dell’opera realizzata: non incorre pertanto nel vizio di ultrapetizione il giudice che, investito di tale domanda, riconosca danni consistenti in diminuzione di visuale, amenità e soleggiamento del fondo dell’attore in conseguenza dell’opera edilizia illegittimamente realizzata dal confinante.
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