14 Mag Cassazione civile Sez. I sentenza n. 21803 del 11 ottobre 2006
Testo massima n. 1
Nella società in accomandita semplice, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l’art. 2323 c.c., nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria di un amministratore per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorché unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale. In tale tipo di società, infatti, diversamente da quanto accade nella società in accomandita per azioni, non vi è necessaria coincidenza tra la qualifica di socio accomandatario e quella di amministratore, nel senso che non tutti gli accomandatari devono essere anche amministratori, con la conseguenza che l’ingerenza del socio accomandante nell’amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità, ai sensi dell’art. 2320 c.c., non si traduce anche nell’acquisto del potere di rap-presentanza della società.
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Testo massima n. 2
Nella società in accomandita semplice, soltanto la quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte, ai sensi dell’art. 2322 c.c., mentre in caso di morte del socio accomandatario trova applicazione l’art. 2284 c.c., in virtù del quale gli eredi non subentrano nella posizione del defunto nell’ambito della società, e non assumono quindi la qualità di soci accomandatari a titolo di successione mortis causa ma hanno diritto soltanto alla liquidazione della quota del loro dante causa, salvo diverso accordo con gli altri soci in ordine alla continuazione della società, e fermo restando che in tal caso l’acquisto della qualifica di socio accomandatario non deriva dalla posizione di erede del socio accomandatario defunto, ma dal contenuto del predetto accordo.
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