Art. 617 – Codice penale – Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche

Chiunque, fraudolentemente, prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni [c.p.p. 266-271].

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni o delle conversazioni indicate nella prima parte di questo articolo.

I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da tre a otto anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.

Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 869/2020

È configurabile il concorso formale tra il delitto di intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche e quello di frode informatica, stante la diversità dei beni giuridici tutelati e delle condotte sanzionate, in quanto il primo tutela la libertà e la segretezza delle comunicazioni telematiche, mentre il secondo il regolare funzionamento dei sistemi informatici e la riservatezza dei dati in essi contenuti, di cui contempla l'alterazione al fine della percezione di un ingiusto profitto.

Cass. pen. n. 25821/2018

In tema di delitti contro l'inviolabilità dei segreti, integra il reato di cui all'art. 617 cod. pen., la condotta di presa di cognizione delle conversazioni radio tra le pattuglie dei carabinieri in servizio, utilizzando un apparecchio radiotrasmittente sintonizzato sulle frequenze dell'arma dei Carabinieri, in quanto con la norma di cui all'art. 623-bis cod. pen. la portata delle disposizioni a tutela dell'inviolabilità dei segreti è stata estesa a qualunque trasmissione a distanza di suoni immagini o altri dati.

Cass. pen. n. 11965/2018

Non configura il reato di rivelazione, mediante mezzi di informazione al pubblico, del contenuto di una conversazione telefonica fraudolentemente intercettata (art. 617c.p. art. 617 - Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche, comma secondo, cod. pen.) la condotta di chi produce, in un giudizio di separazione tra coniugi, la registrazione e trascrizione di detta conversazione.

Cass. pen. n. 12603/2017

Integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 cod. pen.) e non la fattispecie prevista dall'art. 617, comma primo, cod. pen., la condotta di colui che prende cognizione del contenuto della corrispondenza telematica intercorsa tra la ex convivente e un terzo soggetto, conservata nell'archivio di posta elettronica della prima.

Cass. pen. n. 39192/2004

Non presenta rilevanza penale ai sensi dell'art. 617 c.p., per difetto di dolo, la condotta dell'operatore di polizia il quale, avuta la disponibilità di un telefono cellulare ritenuto utilizzato per la consumazione del reato, risponda, nell'esercizio della attività di indagine, alle telefonate che pervengono all'apparecchio ed utilizzi le notizie ai sensi dell'art.351 c.p.p., posto che il reato citato si configura solo a carico di colui che «fraudolentemente» prende cognizione di una comunicazione a lui non diretta.

Cass. pen. n. 7091/1988

L'installazione di un radiotelefono contenente una microspia realizza la previsione delittuosa dell'art. 617 c.p. e non quella di cui all'art. 615 bis stesso codice, poiché tale attività è finalizzata all'intercettazione telefonica e non è «uno strumento di ripresa sonora» (quale può essere un miniregistratore) diretto a procacciare indebitamente notizie attinenti alla vita privata.

Cass. pen. n. 8601/1980

L'intercettazione delle comunicazioni radio tra centrali operative e cosiddette radiomobili dei corpi di polizia, e l'installazione di apparecchiature atte ad intercettare tali comunicazioni non rientrano nelle ipotesi previste dagli artt. 617 e 617 bis c.p., che tutelano la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni telegrafiche o telefoniche e la cui applicazione è estesa dall'art. 623 bis c.p. a qualunque altra trasmissione di suoni, od immagini od altri dati, effettuata con collegamento su filo o ad onde guidate. Per onde guidate, infatti, si intendono quelle convogliate a mezzo di conduttori fisici e pertanto non possono farsi rientrare in tale nozione le radio-comunicazioni della polizia, che sono effettuate mediante onde elettriche. L'intercettazione di trasmissioni radiotelefoniche della centrale operativa della questura deve, invece, ritenersi compresa nella previsione del R.D. 8 febbraio 1923, n. 1067, contenente norme per il servizio delle comunicazioni senza filo, che all'art. 18 (modificato dal R.D. n. 1488 del 1923) punisce chiunque, senza l'espressa autorizzazione del competente Ministero, intercetti e propaghi con qualsiasi mezzo il contenuto della corrispondenza radiotelegrafica e radiotelefonica. L'installazione di un apparecchio radio di particolare potenza, al fine di intercettare le trasmissioni della centrale operativa della polizia, non rientra né nella previsione dell'art. 617 bis c.p., né nella previsione dell'art. 18 R.D. n. 1067 del 1923, che prevede e punisce soltanto l'intercettazione delle comunicazioni radiotelegrafiche e radiotelefoniche.