Art. 110 – Codice di procedura penale – Forma degli atti
1. Quando è richiesta la forma scritta, gli atti del procedimento penale sono redatti e conservati in forma di documento informatico, tale da assicurarne l'autenticità, l'integrità, la leggibilità, la reperibilità, l'interoperabilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza.
2. Gli atti redatti in forma di documento informatico rispettano la normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la conservazione, l'accesso, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici.
3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli atti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere redatti in forma di documento informatico.
4. Gli atti redatti in forma di documento analogico sono convertiti senza ritardo in copia informatica ad opera dell'ufficio che li ha formati o ricevuti, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici .
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. pen. n. 36075/2007
È inammissibile il ricorso per cassazione privo della sottoscrizione dell'interessato e presentato da soggetto diverso da quest'ultimo e all'uopo incaricato, in quanto la sottoscrizione dell'impugnazione è imprescindibile e deve essere effettuata scrivendo di propria mano, in calce all'atto, il nome e il cognome di colui che deve firmare, a norma degli articoli 582 e 110, comma terzo, cod.proc.pen., il quale impone, in alternativa, la presentazione personale; né, a tal fine, è sufficiente la delega ad altro soggetto per la presentazione del ricorso, considerato che la libertà di forme ammessa in ordine al conferimento della delega non fa venir meno il requisito dell'indispensabilità della sottoscrizione del ricorso, necessaria non solo per la certezza della riconducibilità dello stesso all'autore apparente ma anche e soprattutto per il perfezionamento dell'atto del quale l'estensore assume la paternità conferendogli effetti giuridici. (Dichiara inammissibile, Trib. Trieste, 19 Ottobre 2005 ).
Cass. pen. n. 27975/2005
La sottoscrizione della querela costituisce, ai sensi dell'art. 337, comma primo, cod. proc. pen., requisito essenziale per la sua validità; a tal fine, il segno della croce non può considerarsi una firma o una sottoscrizione nè può ricollegarsi ad alcun effetto giuridico, salva l'ipotesi di colui che non sia in grado di scrivere ed, in tal caso, il pubblico ufficiale al quale l'atto sia presentato per iscritto o oralmente, accertata l'identità della persona, deve farne apposita annotazione. Ne deriva l'invalidità della querela che contenga l'indicazione del segno della croce cui faccia seguito un verbale privo della sottoscrizione del ratificante, in quanto, in relazione al segno di croce apposto in calce al verbale di ratifica, il pubblico ufficiale ricevente non operi la certificazione di cui all'art. 110, comma terzo, cod. proc. pen. e neppure provveda a controfirmare, siglare o timbrare l'atto contenente l'istanza punitiva, in guisa da non essere certo il collegamento con l'atto di ratifica.
Cass. pen. n. 22/1999
Nella nozione di pubblico ufficiale abilitato, a norma dell'art. 110, comma terzo, c.p.p., ad annotare, in fine di un atto scritto, che il suo autore non lo firma perché non è in grado di scrivere, non è compresa espressamente, né può farsi rientrare, in via di interpretazione, la figura del difensore, a nulla rilevando che ad esso l'art. 39 att. stesso codice attribuisca il potere di autenticazione della sottoscrizione di atti per i quali sia previsto il compimento di tale formalità, in quanto l'autenticazione è atto con cui il pubblico ufficiale si limita ad attestare che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, mentre l'attestazione che un anonimo segno di croce proviene da una certa persona anziché da qualunque altra costituisce esercizio di una potestà certificativa esulante dal potere eccezionalmente riconosciuto al difensore solo in presenza di un atto regolarmente sottoscritto. (Fattispecie in tema di atto di impugnazione, in calce al quale, dopo il segno di croce dell'imputato, il difensore aveva provveduto all'annotazione che trattavasi di persona analfabeta).
Cass. pen. n. 5573/1998
Il segno di croce apposto in calce all'atto da parte dell'analfabeta è un semplice elemento grafico convenzionale indicante che una persona non sa scrivere, e, non essendo idoneo ad individuare l'autore, non può costituire equipollente della sottoscrizione, con la conseguenza che deve ritenersi inoperante la funzione stessa dell'autenticazione. Pertanto, mentre va esclusa, nei riguardi dell'analfabeta, l'applicabilità dell'art. 110, terzo comma c.p.p, che si riferisce alla persona che non è in grado di scrivere per causa diversa dall'analfabetismo, deve, altresì, escludersi l'applicabilità dell'art. 39 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che conferisce al difensore il mero potere di autenticazione della sottoscrizione e non anche quello di formazione dell'atto di nomina che, nel caso specifico, deve necessariamente essere ricevuto dal pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell'art. 96, comma 2, c.p.p., con la conseguenza dell'inammissibilità dell'impugnazione proposta dall'analfabeta il cui «crocesegno» sia stato autenticato dal difensore, del quale ultimo difetta la legittimazione alla proposizione del gravame.
Cass. pen. n. 1062/1997
È valido ed efficace il mandato difensivo conferito mediante crocesegno autenticato dal difensore ai sensi dell'art. 39 disp. att. c.p.p.; se, infatti, il segno di croce è privo di qualsiasi valore per l'ovvia ragione che non dà alcuna certezza dell'autenticità della provenienza dell'atto su cui è apposto, tuttavia può valere come speciale sottoscrizione qualora sia accompagnato dall'autentica di un pubblico ufficiale — quale deve considerarsi il difensore che provvede a detto adempimento — la quale assicura, per la sua intrinseca efficacia certificativa, la conoscenza dell'indentità della persona da cui quel segno grafico proviene. Resta così sostanzialmente osservato il disposto dell'art. 110 c.p.p., il quale, nel prevedere il caso in cui la persona che deve firmare non sia in grado di scrivere (in quanto analfabeta o per qualsiasi altro motivo), stabilisce che il pubblico ufficiale il quale riceve l'atto in forma orale o redatto per iscritto deve farne annotazione su di esso, previa identificazione della persona stessa.
Cass. pen. n. 1358/1997
La sottoscrizione dell'impugnazione deve essere effettuata scrivendo di propria mano in calce all'atto il nome e il cognome di chi deve firmare: il semplice segno di croce apposto dall'analfabeta non equivale a sottoscrizione, ma è una mera attestazione che chi deve firmare l'atto non è in grado di sottoscriverlo. Pertanto, l'impugnazione di analfabeta che reca in calce il segno di croce e che non è stata presentata personalmente in cancelleria è inammissibile perché priva dei requisiti richiesti per la presentazione dal combinato disposto degli artt. 582 e 110, comma 3, c.p.p., il quale impone la presentazione personale e l'attestazione del pubblico ufficiale circa l'impossibilità a sottoscrivere da parte dell'impugnante. (Nella specie la S.C. ha ritenuto il ricorso inammissibile sia che si interpreti come impugnazione personale dell'imputato, per le ragioni sopra indicate, sia che si voglia interpretare come impugnazione per il tramite del difensore, perché quest'ultimo non legittimato a esercitare davanti alla Corte di cassazione).
Cass. pen. n. 2973/1992
L'esistenza di vizi formali concernenti l'indicazione del giudice non è causa di nullità quando dal contesto e dal contenuto del provvedimento risulti chiaramente identificabile il giudice che lo ha emesso. (Nella fattispecie la Corte Suprema ha ritenuto del tutto irrilevante la circostanza che, da un timbro erroneamente apposto nell'intestazione e nella sottoscrizione dell'atto, risultasse l'indicazione di «pretore», essendo agevolmente identificabile da una serie di elementi univoci — numero di registro generale, intestazione dello stampato, ecc. — il diverso organo giudiziario che lo aveva emesso).