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Articolo 512 Codice di procedura civile — Risoluzione delle controversie

Articolo 512 Codice di procedura civile — Risoluzione delle controversie

Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione provvede all’istruzione della causa, se è competente; altrimenti rimette le parti davanti al giudice competente a norma dell’articolo 17 [ 624 2 ] fissando un termine perentorio per la riassunzione [ 630 ].

Il giudice può, anche con l’ordinanza di cui al primo comma, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 16790/2018

Il provvedimento di estinzione del processo, adottato dal tribunale in composizione monocratica nell’ambito di un procedimento di opposizione ex art. 512 c.p.c., ha il contenuto sostanziale di sentenza anche quando abbia assunto la forma di ordinanza, ed è pertanto impugnabile con l’appello, non essendo soggetto al reclamo di cui all’art. 630 c.p.c., concernente l’estinzione del processo esecutivo.

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Cass. civ. n. 15654/2013

L’opposizione ex art. 512 c.p.c. e quella proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c. si pongono in un rapporto di successione cronologica, con conseguente esclusione della loro concorrenza (essendo l’una esperibile sino a che non si giunga alla fase della distribuzione, l’altra, invece, a partire da tale momento). Ne consegue che fino a quando l’opposizione ex art. 615 cod. prc. civ. risulti ancora “sub iudice”, e fino al momento in cui la procedura esecutiva pervenga alla fase della distribuzione, i fatti con essa proposti non possono essere dedotti – tanto nella disciplina previgente al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80, quanto in quella da esso introdotta – con l’opposizione di cui all’art. 512 c.p.c., né essere valutati automaticamente dal giudice dell’esecuzione.

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Cass. civ. n. 22642/2012

La previsione del rimedio della opposizione distributiva, di cui all’art. 512 c.p.c., non esclude che quando la contestazione sia fatta dal debitore esecutato ed investa il credito della parte procedente, o l’esistenza o l’ammontare di quello di un creditore munito di titolo, egli possa tutelarsi anche con lo strumento dell’opposizione all’esecuzione, di cui all’art. 615, secondo comma, c.p.c., senza necessità di attendere la fase distributiva, sussistendo in ogni momento dell’esecuzione il suo interesse a contestare l'”an” od il “quantum” dei crediti (anche al fine di conseguire la sospensione parziale dell’esecuzione) e salva la diversa scelta del medesimo debitore, che ben potrebbe attendere la fase di distribuzione per formulare le proprie contestazioni, nei modi e per gli effetti dell’art. 512 c.p.c., al fine della restituzione di quanto conseguito dalla vendita (ovvero versato a seguito della conversione) in più del dovuto. (Fattispecie anteriore alle modifiche di cui al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. nella legge 14 maggio 2005, n. 80).

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Cass. civ. n. 1316/2012

Nel giudizio di cassazione, è ammissibile la pronuncia in camera di consiglio anche ove si imponga la necessità di annullamento con rinvio al primo giudice per pretermissione originaria di un litisconsorte necessario, ai sensi dell’art. 383, terzo comma, c.p.c., ancorché si tratti di ipotesi non prevista testualmente dall’art. 375 c.p.c..

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Cass. civ. n. 15903/2011

Alla luce della nuova formulazione dell’art. 512 c.p.c., (così come sostituito dall’art. 2, comma terzo, lettera e), n. 9 del d.l. 14 marzo 2005, n. 35 convertito, con modificazioni, nella legge 23 febbraio 2006, n. 5) la sentenza relativa al diritto del creditore intervenuto a prendere parte al riparto integra una pronuncia atta al giudicato che risolve un’opposizione agli atti esecutivi. Ne consegue l’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso tale decisione il quale, anzi, costituisce l’unico mezzo d’impugnazione consentito secondo la mutata disciplina delle controversie distributive in vigore dopo la riforma del 2006.
Nel processo esecutivo, avverso i provvedimenti endoprocessuali di sospensione del procedimento, aventi natura “lato sensu” cautelare e anticipatoria della declaratoria d’illegittimità del processo stesso, è previsto esclusivamente il rimedio del reclamo, attesa la natura sommaria e deformalizzata di tali provvedimenti nonché la loro inidoneità al giudicato. Ne consegue che, nelle opposizioni distributive, caratterizzate nella nuova formulazione dell’art. 512 c.p.c. da una fase a cognizione sommaria che si chiude con ordinanza e da una successiva fase (eventuale) che si volge nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi, possono essere compresenti due diverse tipologie di rimedi, alternativamente applicabili a seconda dell’oggetto del provvedimento impugnato: il reclamo avverso il capo (eventuale) del provvedimento di sospensione della fase distributiva e l’opposizione agli atti esecutivi, avverso il capo dell’ordinanza relativo alla risoluzione della contestazione che costituisce il presupposto in diritto della determinazione delle somme in concreto assegnabili.

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Cass. civ. n. 10617/2010

La sospensione feriale dei termini processuali, prevista dall’art. 1 della legge n. 742 del 1969, non si applica alle opposizioni relative alla distribuzione della somma ricavata in sede di esecuzione forzata, proposte ai sensi dell’art. 512 c.p.c., avuto riguardo alla sostanziale identità, strutturale e funzionale, dell’incidente cognitivo in sede distributiva con l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. – espressamente esclusa dal regime della sospensione feriale dall’art. 92 del r.d. n. 12 del 1941 – ed alla comune esigenza di non ritardare il soddisfacimento dei creditori, nonché all’inoperatività della sospensione in tema di reclamo avverso i decreti di riparto in materia fallimentare, ed alla coerenza dell’interpretazione indicata con il canone costituzionale della ragionevole durata del processo.

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Cass. civ. n. 16731/2009

Il processo esecutivo ha carattere tipicamente unilaterale e, quindi, la convocazione delle parti, che nel processo medesimo venga disposta dal giudice, quando la ritenga necessaria o quando la legge la prescriva, avviene non per costituire un formale contraddittorio, ma soltanto per il migliore esercizio della potestà ordinatoria, affidata al giudice stesso. Pertanto, qualora il giudice dell’esecuzione revochi un precedente provvedimento di assegnazione mobiliare senza aver prima sentito il debitore, non si verifica una violazione del principio del contraddittorio, deducibile in ogni momento della procedura, potendo detta omissione soltanto riflettersi sul successivo atto esecutivo, contro il quale il debitore, ove lo ritenga viziato, ma non per il solo fatto dell’omessa sua audizione, può insorgere esclusivamente con opposizione agli atti esecutivi, nei modi e nel termine di cui all’art. 617 c.p.c.

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Cass. civ. n. 6212/2009

In tema di controversie sulla distribuzione del ricavato di una espropriazione forzata, ove il giudice, in sede di progetto di distribuzione, abbia escluso un creditore intervenuto per insufficiente prova del credito e della legittimazione ad intervenire, la relativa controversia ex art. 512 cod. proc. civ. ha, quale unico oggetto, la prova del credito, senza che possa essere dedotta o rilevata d’ufficio l’eventuale tardività dell’intervento.

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Cass. civ. n. 5006/2008

In sede di distribuzione della somma ricavata dall’espropriazione forzata, la contestazione della sussistenza di uno o più crediti vantati dal creditore procedente, o dai creditori intervenuti, può essere proposta anche solo verbalmente davanti al giudice dell’esecuzione. (Nella specie la S.C., rilevato che la predetta contestazione era stata formulata sia pure non nell’atto introduttivo del giudizio contenente l’opposizione al progetto di riparto ma nel verbale dell’udienza fissata dal giudice dell’esecuzione per l’approvazione del piano, in applicazione del riportato principio, ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito che aveva ritenuto nuova ed inammissibile la contestazione della legittimità del credito per interessi anatocistici vantato dalla creditrice procedente perché formulata per la prima volta in appello).

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Cass. civ. n. 5754/2003

In tema di esecuzione forzata, nelle controversie in sede di distribuzione del ricavato, mentre il debitore esecutato è sempre parte necessaria, avendo la decisione in ogni caso effetto nei suoi confronti, il medesimo principio non può affermarsi con carattere di assolutezza con riguardo ai creditori concorrenti, potendosi profilare casi nei quali la controversia non svolga alcun effetto nei confronti di taluno di essi. Ciò è confermato, per un verso, dalla disposizione del secondo comma dell’art. 512 c.p.c., secondo la quale, se il giudice non sospende totalmente il procedimento, procede alla distribuzione della parte del ricavato non controversa; per l’altro, dalla circostanza che, in tema di legittimazione alla proposizione dell’opposizione ex art. 512 c.p.c., il creditore concorrente può considerarsi legittimato alla impugnazione solo quando il ricavato sia insufficiente ed egli possa trarre vantaggio dalla contestazione dell’altrui collocazione. Quanto all’aggiudicatario, questi non può in nessun caso essere parte necessaria nelle controversie di cui si tratta, in quanto la distribuzione del ricavato della vendita tra i creditori non incide in alcun modo sulla sua posizione.

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Cass. civ. n. 5961/2001

La diversità tra opposizione ex art. 615 c.p.c., proponibile anche nella fase della distribuzione del ricavato dalla espropriazione forzata, ed opposizione ex art. 512 c.p.c. è data dal differente oggetto delle due impugnazioni, l’uno concernente il diritto a partecipare alla distribuzione (art. 512) e l’altro il diritto di procedere all’esecuzione forzata (art. 615). L’ambito oggettivo ed i limiti di applicazione dell’art. 512 c.p.c. vanno ricercati nel fatto che non può formare oggetto di controversia ex art. 512 c.p.c., in detta fase di distribuzione, la contestazione del diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata. Quanto più non occorre stabilire, mediante l’opposizione di merito ex art. 615 c.p.c., se l’intero processo esecutivo debba in modo irreversibile venire meno per effetto di preclusioni o decadenze ricollegabili alla pretesa d’invalidità (originaria o sopravvenuta) del titolo esecutivo nei confronti del creditore procedente (o di quello intervenuto, quando anche questi, munito di titolo esecutivo, abbia compiuto atti propulsivi del processo esecutivo, inidonei a legittimarne l’ulteriore suo corso) e quando, perciò, la procedura sia validamente approdata alla fase della distribuzione e non sussista questione circa l’an exequendum, ogni controversia che, in detta fase insorga tra creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, al fine di regolarne il concorso ed allo scopo eventuale del debitore di ottenere il residuo della somma ricavata (art. 510, terzo comma, c.p.c.), costituisce una controversia prevista dall’art. 512 c.p.c., da risolversi con il rimedio indicato da detta norma.
Nella fase di distribuzione della somma ricavata dall’espropriazione forzata, l’azione svolta dal debitore esecutato contro il creditore procedente, che, nella esecuzione da lui promossa e proseguita, sia intervenuto in forza di un secondo credito, del quale soltanto si intenda contestare la sussistenza, la misura o la collocazione, si qualifica necessariamente come azione ex art. 512 c.p.c.

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Cass. civ. n. 10179/1998

Per il disposto degli artt. 512, 541 e 542 c.p.c. la distribuzione del ricavato della vendita forzata deve avvenire con l’accordo di tutti i creditori concorrenti, oppure in contraddittorio tra questi ed il debitore escusso, per cui in caso di controversia in sede di distribuzione, si profila tra tali soggetti una situazione di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., e ciascuno di essi deve essere convenuto in giudizio indipendentemente dalla circostanza che abbia partecipato oppure no alla discussione del progetto di distribuzione.

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Cass. civ. n. 1082/1997

Proposto da un creditore intervenuto nel procedimento di espropriazione forzata, qualora né il giudice abbia esaminato di ufficio l’ammissibilità dell’intervento con riferimento ai requisiti della certezza, esigibilità o liquidità del credito, né il debitore, o alcuno dei creditori, abbia proposto opposizione ex art. 617 c.p.c., al fine di far valere il difetto di tali requisiti, la relativa questione resta bensì preclusa nel prosieguo del procedimento, ivi compresa la fase di distribuzione del ricavato, ma la preclusione resta limitata al profilo formale della ammissibilità, senza estendersi alla questione sostanziale dell’esistenza e dell’ammontare del credito, la quale è utilmente proponibile in tale fase, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 512 c.p.c., tenendo però conto che la controversia insorta in sede di distribuzione della somma ricavata tra creditori concorrenti ha ad oggetto soltanto la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti ovvero la sussistenza di diritti di prelazione, per cui — in mancanza di opposizione all’esecuzione — non rileva l’eventuale illegittimità del pignoramento e dell’esecuzione forzata. (Nella specie — in cui, promossa, con pignoramento presso terzo, l’esecuzione forzata per il realizzo di un credito da prestazione professionale, credito rimasto inadempiuto soltanto per il residuo pari alla ritenuta fiscale d’acconto, calcolata sulla sorte e già versata all’Erario dal medesimo terzo debitore al momento dell’assegnazione del credito stesso, l’Amministrazione finanziaria era comunque intervenuta per chiedere l’assegnazione delle somme pignorate — la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che aveva ritenuto insussistente il diritto di credito dell’Amministrazione stessa, già soddisfatta dal terzo debitore, senza che, in mancanza di opposizione all’esecuzione, rilevasse la legittimità, o meno, della ritenuta operata da quest’ultimo e quindi del pignoramento del credito per l’importo corrispondente ad essa).

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Cass. civ. n. 789/1994

Poiché ne procedimento esecutivo l’onere delle spese processuali non segue il principio della soccombenza, come nel giudizio di cognizione, ma quello della soggezione del debitore all’esecuzione, il provvedimento di liquidazione delle spese, ancorché autonomamente emesso dal giudice dell’esecuzione, non contenuto decisorio ma solo una funzione di verifica del relativo credito del tutto analoga a quella che il giudice dell’esecuzione compie per il credito per cui si procede (ed i relativi interessi) ai fini del progetto di distribuzione e dell’assegnazione della somma ricavata dalla vendita di beni pignorati e, potendo essere, conseguentemente, contestato nella forma dell’opposizione prevista dall’art. 512 c.p.c., non può essere impugnato con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

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Cass. civ. n. 8845/1991

L’ordinanza con la quale, nel procedimento previsto dall’art. 512 c.p.c. per la risoluzione delle controversie sulla distribuzione della somma ricavata, il giudice dell’esecuzione rimette le parti davanti al giudice competente per valore ha contenuto decisorio ed è quindi impugnabile con regolamento di competenza ad istanza di parte.

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Cass. civ. n. 2528/1978

Qualora, nel corso di esecuzione mobiliare individuale sui beni del fallito, promossa dall’esattore delle imposte dirette nell’esercizio della facoltà conferitagli dall’art. 51 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, insorga contestazione sulla distribuzione del ricavato, fra l’esattore medesimo ed il curatore del fallimento, in rappresentanza dei creditori concorsuali, il giudice dell’esecuzione deve, a termini dell’art. 512 c.p.c., rimettere la relativa controversia al tribunale fallimentare, funzionalmente competente a norma dell’art. 24 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267. Infatti, la legittimità della esecuzione esattoriale in costanza del fallimento e l’attribuzione della sua competenza al pretore quale giudice dell’esecuzione non possono influire sulla competenza per l’autonomo giudizio di cognizione, originato dalle contestazioni tra esattore e curatore del fallimento ed incidente sulla par condicio creditorum.

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Cass. civ. n. 3972/1976

Il debitore esecutato è parte necessaria del processo in rapporto alle contestazioni originate dalla procedura esecutiva, anche se insorte tra altri soggetti, come nel caso di controversia circa la sussistenza di diritti di prelazione tra creditori, in sede di distribuzione del ricavato dalla vendita dei mobili pignorati. Ciò anche nel caso in cui la persona effettivamente assoggettata all’espropriazione sia il terzo acquirente del bene, la cui alienazione sia stata revocata per frode (art. 602 c.p.c.), in quanto il debitore esecutato ha interesse alla regolare distribuzione della somma, tanto più se ad essa concorrano i creditori suoi e quelli del terzo espropriato.

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Cass. civ. n. 2148/1975

Se la causa della sospensione del procedimento esecutivo, disposta dal giudice dell’esecuzione a norma dell’art. 512 c.p.c., viene a cessare in seguito alla definizione della controversia mentre è ancora operante un provvedimento del giudice di cognizione (nella specie, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo posto a base dell’esecuzione) che nel frattempo abbia sospesa l’efficacia esecutiva del titolo, il termine per la riassunzione del processo esecutivo non comincia a decorrere se non dal momento in cui, cessando gli effetti del provvedimento di sospensione emesso nel corso del giudizio di cognizione, il titolo riacquista l’efficacia esecutiva.

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