17 Mar Articolo 417 Codice di procedura civile — Costituzione e difesa personali delle parti
In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede gli euro 129,11[ 82 ].
La parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle forme di cui all’articolo 414 o si costituisce nelle forme di cui all’articolo 416 con elezione di domicilio nell’ambito del territorio della Repubblica.
Può proporre la domanda anche verbalmente davanti al giudice che ne fa redigere processo verbale.
Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell’udienza devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della cancelleria entro i termini di cui all’articolo 415.
Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla cancelleria.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”16″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 3385/1986
Al fine di determinare il valore della causa la quantificazione della perdita pecuniaria conseguente ad una sanzione pecuniaria irrogata dal datore di lavoro ad un suo dipendente costituisce criterio del tutto insufficiente allorquando, ponendosi in discussione la legittimità della sanzione stessa e quindi censurandosi il comportamento del datore di lavoro, viene in discussione l’esistenza di un diritto non già limitato alle conseguenze economiche bensì esteso a tutti i riflessi ulteriori, quali la recidiva, la graduazione di successive sanzioni, la preclusione a progressioni di carriera, riflessi questi che, non essendo quantificabili, rendono la causa di valore indeterminabile. Ne discende che in tale evenienza la parte non può stare in giudizio personalmente (ex art. 417 c.p.c.) mancando il presupposto del valore della causa non superiore a lire 250.000.
Cass. civ. n. 1750/1986
Ancorché non menzionato né dall’art. 414 c.p.c. né dall’art. 434 c.p.c. (che prescrivono le indicazioni che deve contenere il ricorso nel giudizio di primo grado e di appello), il rilascio della procura alle liti — previsto dalla disposizione generale di cui all’art. 163 n. 6 c.p.c., applicabile anche nel nuovo rito del lavoro — integra il presupposto per la valida costituzione del rapporto processuale anche secondo il sistema del nuovo processo del lavoro, salvo che (art. 417 c.p.c.) la parte possa stare personalmente in giudizio (in primo grado e quando il valore della causa non ecceda le lire 250.000). Pertanto, costituendo la procura alle liti un requisito essenziale dell’atto di appello, la mancanza di detto requisito comporta l’inesistenza giuridica dell’atto di impugnazione, la quale non può ritenersi sanata dal rilascio della procura da parte dell’appellante in un momento successivo al deposito del ricorso, atteso che nel processo del lavoro non può trovare applicazione — senza determinarsi contrasto con i precetti costituzionali — la disposizione dell’art. 125, comma secondo, c.p.c. — la quale stabilisce che la procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notifica dell’atto di citazione, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata — realizzandosi la costituzione dell’attore nel giudizio (di primo grado come di secondo grado) mediante il deposito del ricorso in cancelleria.
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