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Articolo 393 Codice di procedura civile — Estinzione del processo

Articolo 393 Codice di procedura civile — Estinzione del processo

Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui all’articolo precedente, o si avvera successivamente ad essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l’intero processo si estingue; ma la sentenza della Corte di cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 6188/2014

La mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell’art. 393 cod. proc. civ., l’estinzione dell’intero processo, con conseguente caducazione di tutte le attività espletate, salva la sola efficacia del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione, senza che assuma rilievo che l’eventuale sentenza d’appello, cassata, si sia limitata a definire in rito l’impugnazione della decisione di primo grado ovvero abbia rimesso la causa al primo giudice e, dunque, manchi un effetto sostitutivo rispetto a quest’ultima pronuncia, rispondendo tale disciplina ad una valutazione negativa del legislatore in ordine al disinteresse delle parti alla prosecuzione del procedimento.

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Cass. civ. n. 23813/2012

Nel caso di estinzione del giudizio di rinvio per mancata o tardiva riassunzione e di successiva instaurazione di un nuovo processo mediante riproposizione della domanda, conserva efficacia, ai sensi dell’art. 310, secondo comma, c.p.c., il giudicato di merito che si sia formato, in ordine all’ “an debeatur”, sulla domanda di condanna al risarcimento dei danni, quale conseguenza, nella specie, del rigetto del motivo di ricorso per cassazione riguardante la spettanza di interessi e rivalutazione e dell’accoglimento della sola censura riguardante il calcolo degli stessi, caratterizzandosi il giudizio di rinvio come fase rescissoria, il cui “thema decidendum” rimane fissato dalla sentenza rescindente della Corte di cassazione.
Nel caso di estinzione del giudizio di rinvio per mancata o tardiva riassunzione, ove si sia formato il giudicato di merito, in ordine all’ “an debeatur”, sulla domanda di condanna al risarcimento dei danni, quale conseguenza, nella specie, del rigetto del motivo di ricorso per cassazione riguardante la spettanza di interessi e rivalutazione e dell’accoglimento della sola censura riguardante il calcolo degli stessi, rimane fermo l’effetto interruttivo della prescrizione del credito del danneggiato e la stessa, ai sensi dell’art. 2943, secondo comma, c.c., decorre soltanto dal momento del passaggio in giudicato della sentenza contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio.

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Cass. civ. n. 14927/2012

Qualora il giudice di merito, investito di una domanda risarcitoria formalmente unica, emetta distinte pronunce, autonome tra loro, con l’una parzialmente accogliendo la domanda sul solo “an debeatur” e disponendo il prosieguo del giudizio sul “quantum”, e con l’altra parzialmente rigettando la domanda medesima, e qualora soltanto tale ultima pronuncia sia cassata con rinvio, la mancata riassunzione davanti al giudice di rinvio non comporta l’estinzione del giudizio per il “quantum”, che nel frattempo sia proseguito, rilevando il giudicato interno formatosi sulla pronuncia affermativa di “an debeatur”.

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Cass. civ. n. 11905/2007

In tema di effetti del giudizio di rinvio sul giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, qualora la sentenza di merito di accoglimento dell’opposizione sia stata cassata con rinvio e il processo non sia stato riassunto in termine, non trova applicazione il disposto dell’art. 653 c.p.c., a mente del quale, a seguito dell’estinzione del processo di opposizione, il decreto che non ne sia munito acquista efficacia esecutiva, ma il disposto dell’art. 393 c.p.c., alla stregua del quale alla mancata riassunzione consegue l’estinzione dell’intero procedimento e, quindi, l’inefficacia anche del decreto ingiuntivo opposto. (Mass. redaz.).

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Cass. civ. n. 10456/1996

La tempestiva instaurazione di un giudizio d’impugnazione della sentenza arbitrale, ai sensi dell’art. 828 c.p.c., dà luogo ad una vicenda processuale non riconducibile al parametro dell’impugnazione di un atto negoziale, bensì ad un vero e proprio giudizio di secondo grado, rispetto a quello già svoltosi dinanzi agli arbitri. Ne consegue che la cassazione con rinvio della sentenza della Corte d’appello che abbia dichiarato nulla la precedente decisione arbitrale comporta (nel regime anteriore alla legge n. 25 del 1994) che sia rimessa alla competenza esclusiva della stessa Corte, quale giudice di rinvio, la decisione sulla validità o invalidità del giudizio pronunciato dagli arbitri e che, se tale valutazione risulti negativa, sia sempre lo stesso giudice dell’impugnazione a dover decidere anche nel merito del giudizio rescissorio. Cosicché, nel caso in cui una siffatta pronuncia sia resa impossibile dalla mancata riassunzione del giudizio di rinvio, la decisione degli arbitri, al pari di una pronuncia di primo grado, non conserva validità, alla stregua della regola generale enunciata dall’art. 393 c.p.c., che prevede l’estinzione dell’intero processo.

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Cass. civ. n. 5901/1994

Il giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza di secondo grado per motivi di merito (cosiddetto giudizio di rinvio proprio) non costituisce la prosecuzione della pregressa fase di merito che ha preceduto il giudizio di cassazione, ma una nuova ed autonoma fase del processo che, pur essendo soggetta per ragioni di rito alle norme riguardanti il corrispondente procedimento disposto dalla sentenza rescindente, ha natura integralmente rescissoria, nel senso che esso mira ad una sentenza che, senza sostituirsi ad alcuna precedente pronuncia riformandola, statuisce per la prima volta sulle domande proposte dalle parti. Ne deriva che l’integrazione del contraddittorio disposta nel giudizio di rinvio ricade nell’ambito di applicazione non dell’art. 331 c.p.c., ma dell’art. 393, sicché non effettuata l’integrazione del contraddittorio nel termine stabilito dal giudice di rinvio, questi deve dichiarare l’estinzione dell’intero processo, senza che possa rivivere la pregressa sentenza di primo grado già riformata, a nulla rilevando che la parte pretermessa siasi costituita spontaneamente all’udienza dopo che si era verificata la causa di estinzione, dal momento che questa operando di diritto retroagisce a tale momento, impedendo al giudice l’esame di qualsiasi altra questione vertente sull’estinzione medesima, sempre che questa sia stata eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa.

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Cass. civ. n. 2435/1963

Nel giudizio di rinvio la estinzione del processo non può essere dichiarata di ufficio dal giudice ma deve essere eccepita dalla parte nella comparsa di risposta che è il primo scritto difensivo.

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