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Articolo 333 Codice di procedura civile — Impugnazioni incidentali

Articolo 333 Codice di procedura civile — Impugnazioni incidentali

Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli articoli precedenti debbono proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso processo.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 21098/2017

Nel caso di chiamata in garanzia, l’impugnazione del terzo chiamato avente per oggetto il rapporto principale giova anche al soggetto garantito, senza necessità di una sua impugnazione incidentale, dovendosi ravvisare un’ipotesi di litisconsorzio necessario processuale non solo se il convenuto abbia scelto di estendere nei confronti del terzo chiamato l’efficacia soggettiva dell’accertamento relativo al rapporto principale, ma anche quando abbia chiesto, nell’effettuare la chiamata, l’accertamento dell’esistenza del rapporto di garanzia e l’attribuzione della relativa prestazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto coperta dal giudicato la condanna di un Comune al risarcimento del danno subìto da un motociclista per la caduta causata dal manto stradale dissestato, in quanto l’ente non aveva proposto appello incidentale a seguito dell’appello principale della ditta appaltatrice, chiamata in garanzia, osservando che la sentenza della corte di merito, che aveva accolto l’impugnazione principale della terza chiamata, avrebbe dovuto estendere i relativi effetti anche nei confronti dell’amministrazione comunale, senza necessità di impugnazione incidentale).

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Cass. civ. n. 7074/2017

In tema processo litisconsortile, in virtù del principio di unità dell’impugnazione, il ricorso proposto irritualmente in forma autonoma da chi, ai sensi degli artt. 333 e 371 c.p.c., avrebbe potuto proporre soltanto impugnazione incidentale, per convertirsi in quest’ultima deve averne i requisiti temporali, onde la conversione risulta ammissibile solo se la notificazione del relativo atto non ecceda il termine di quaranta giorni da quello dell’impugnazione principale; né la decadenza conseguente all’inosservanza di detto termine può ritenersi superata dall’eventuale rispetto del termine “esterno” di cui agli artt. 325 o 327 c.p.c., giacché la tardività o la tempestività, in relazione a quest’ultimo, assume rilievo ai soli fini della determinazione della sorte dell’impugnazione stessa in caso di inammissibilità di quella principale, ex art. 334 c.p.c..

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Cass. civ. n. 25244/2013

Il divieto di “reformatio in peius” costituisce conseguenza delle norme, dettate dagli artt. 329 e 342 cod. proc. civ. in tema di effetto devolutivo dell’impugnazione di merito ed in tema di acquiescenza, che presiedono alla formazione del “thema decidendum” in appello, per cui, una volta stabilito il “quantum devolutum”, l’appellato non può giovarsi della reiezione del gravame principale per ottenere effetti che solo l’appello incidentale gli avrebbe assicurato e che, invece, in mancanza, gli sono preclusi dall’acquiescenza prestata alla sentenza di primo grado.

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Cass. civ. n. 10614/2012

L’atto formalmente qualificato “di intervento in appello”, con cui una delle parti del giudizio di primo grado, litisconsorte facoltativo ed al quale non sia stata notificata l’impugnazione proposta da alcuna di esse, si costituisca nel giudizio di secondo grado e chieda la riforma della sentenza, va qualificato come appello incidentale ed è ammissibile solo se, per colui che lo compie, non sia ancora spirato il termine per impugnare.

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Cass. civ. n. 315/2012

Per il principio di concentrazione delle impugnazioni di cui all’art. 333 c.p.c., applicabile anche con riguardo alle impugnazioni contro la sentenza non definitiva, la parte soccombente nella sentenza non definitiva e in quella definitiva, ove quest’ultima venga impugnata per prima dalla controparte risultata parzialmente soccombente, è tenuta a proporre impugnazione incidentale contro la sentenza non definitiva nello stesso procedimento introdotto con l’impugnazione principale avverso la sentenza definitiva, nei limiti temporali segnati dall’art. 343 c.p.c. Tale principio non muta in ipotesi di cause scindibili e di mancata proposizione della riserva ex art. 340 c.p.c. da parte del contumace, essendo le norme che regolano l’appello incidentale applicabili tanto nelle cause inscindibili o dipendenti, quanto di cause scindibili, perché l’esigenza di rendere unitario il giudizio d’appello (a fronte di un giudizio di primo grado unitariamente trattato e definito) permane intatta, indipendentemente dalla circostanza che la pluralità di parti derivi da un litisconsorzio necessario, sostanziale o processuale, ovvero da un litisconsorzio facoltativo, proprio o improprio.

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Cass. civ. n. 15724/2011

In tema di risarcimento dei danni, l’indicazione nell’atto introduttivo, e la conseguente applicazione in primo grado, di una norma che costituisce titolo di responsabilità diverso da quello realmente esistente, e correttamente individuato nel giudizio di appello, non comporta la formazione di un giudicato implicito, trattandosi di mera qualificazione giuridica del fatto storico addotto a fondamento della richiesta risarcitoria. In tale prospettiva, l’attore, totalmente vittorioso in primo grado, non ha l’onere di proporre appello incidentale al fine di far valere la possibilità che la responsabilità del danneggiante, accertata in primo grado sul piano fattuale, sia riconducibile a una diversa fonte, mentre rientra nel potere ufficioso del giudice di merito, in qualsiasi fase del procedimento, il compito di qualificare giuridicamente la domanda e di individuare conseguentemente la norma applicabile. (Nella specie, la S.C., enunciando il suddetto principio, ha escluso che ricorresse la dedotta violazione del principio tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., poiché il giudice di appello, in un giudizio di risarcimento dei danni, aveva inquadrato la fattispecie nell’ambito dell’art. 2051 c.c., così modificando, in assenza di specifiche censure o di appello incidentale condizionato, la qualificazione giuridica in base alla tutela offerta dall’art. 2043 c.c., esposta dall’attore a fondamento della sua pretesa ed accolta dal giudice di primo grado).

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Cass. civ. n. 10648/2010

La vendita di un bene comune stipulata congiuntamente da più comproprietari dà luogo a solidarietà attiva dei venditori nel credito per il prezzo, sicché, ai sensi dell’art. 1292 c.c., ciascuno di essi ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione, con la conseguente liberazione del debitore che ha effettuato il pagamento nei confronti di tutti gli altri creditori, e salva la ripartizione, nei rapporti interni, della somma pagata. Ne consegue che, in caso di accoglimento soltanto parziale della domanda di adempimento proposta congiuntamente dai venditori, l’appello incidentale proposto da uno soltanto di essi a seguito dell’impugnazione in via principale della sentenza da parte del compratore non si traduce nella proposizione di una domanda nuova, né impone l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri venditori, non ricorrendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario, e potendo gli altri venditori giovarsi della sentenza più favorevole eventualmente pronunciata in accoglimento dell’appello incidentale, ai sensi dell’art. 1306 c.c..

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Cass. civ. n. 21745/2006

Nel vigente sistema processuale l’impugnazione proposta per prima determina la costituzione del processo, nel quale debbono confluire le eventuali impugnazioni di altri soccombenti, in modo che sia mantenuta l’unità del procedimento e sia resa possibile la decisione simultanea; ne consegue che, nel caso di appello, le impugnazioni successive alla prima assumono necessariamente carattere incidentale, siano esse impugnazioni incidentali tipiche (ovvero proposte contro l’appellante principale), siano esse, invece, impugnazioni incidentali autonome, dirette a tutelare un interesse del proponente non nascente dall’impugnazione principale, e da far valere nei confronti di questi, ma per un capo diverso ed autonomo della pronuncia impugnata. Tuttavia, tali ultime impugnazioni (autonome) possono essere proposte, in sede di appello, con la comparsa di risposta purché risulti rispettato il termine ordinario di trenta giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado e ciò senza che occorra l’uso di formule sacramentali, risultando sufficiente in proposito che la volontà del gravame emerga in modo non equivoco dal complesso delle deduzioni formulate in detta comparsa (di risposta) – ancorché contenute solo nella parte motivata di essa e non oggetto di corrispondente richiesta nella parte conclusiva della stessa comparsa – sì da potersi stabilire, con chiarezza, il tema ed i motivi dell’impugnazione.

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Cass. civ. n. 6491/2003

L’impugnazione incidentale, anche condizionata, presuppone una statuizione sfavorevole all’impugnante, ossia una soccombenza, pertanto quando la parte totalmente vittoriosa in primo grado intenda riproporre in appello domande o eccezioni non esaminate dal primo giudice perché ritenute assorbite non ha l’onere di proporre impugnazione incidentale al fine di determinare la devoluzione al giudice di secondo grado delle suddette domande o eccezioni, essendo sufficiente la mera riproposizione delle medesime a norma dell’art. 346 c.p.c., e su tali domande o eccezioni il giudice di appello è tenuto a pronunciarsi, ove ritualmente riproposte, indipendentemente dalla notifica di una impugnazione incidentale e dalla tempestività della medesima.

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Cass. civ. n. 3349/1999

La parte vittoriosa nel merito in primo grado non è tenuta a proporre appello incidentale — difettando il presupposto della soccombenza — relativamente ad errati presupposti di fatto sui quali si sia fondata la sentenza che abbia comunque accolto la sua domanda in forza di causa petendi non diversa da quella prospettata. Infatti, solo nel caso in cui si verifichi tale divergenza, la parte che ha proposto la domanda, pur accolta, deve ritenersi virtualmente soccombente, essendo stati rigettati i presupposti della domanda stessa, per sostenere i quali essa è tenuta a proporre ricorso incidentale, allo scopo di evitare la formazione del giudicato. Viceversa, le parti della sentenza che riguardino questioni prive di autonomia rispetto alla situazione di cui si chiede la tutela, e non aventi valore di presupposto indispensabile per la decisione, non sono suscettibili di passare in giudicato. Ne consegue che, in relazione agli stessi, la parte vittoriosa non ha interesse a proporre appello incidentale. (Nella fattispecie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che la parte, la cui domanda di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva era stata accolta in prime cure, fosse tenuta a proporre appello incidentale nei confronti della sentenza che la aveva vista vittoriosa, pur erroneamente anticipando la data della accessione invertita, in virtù della circostanza che la irreversibile trasformazione del bene era avvenuta prima della scadenza triennale della occupazione, ciò che aveva dato luogo alla eccezione, in appello, da parte del Comune soccombente, di prescrizione del diritto fatto valere, accolta dalla corte d’appello proprio sul presupposto del difetto di appello incidentale sul punto).

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Cass. civ. n. 3382/1997

L’esame del ricorso incidentale condizionato proposto dalla parte interamente vittoriosa su questioni pregiudiziali decise in senso ad essa sfavorevole nella precedente fase di merito deve essere effettuato solamente se il ricorso principale sia stato giudicato fondato dalla Corte di cassazione; in caso contrario, infatti, il ricorrente incidentale manca di interesse alla pronuncia sulla propria impugnazione, il cui eventuale accoglimento non potrebbe procurargli un risultato più favorevole di quello derivante dal rigetto del ricorso principale.

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Cass. civ. n. 8034/1994

La parte totalmente vittoriosa nel giudizio di primo grado non ha l’onere di proporre impugnazione incidentale per ottenere il riesame delle domande e delle eccezioni dedotte in prime cure e respinte o rimaste assorbite con la sentenza impugnata, essendo a tal fine sufficiente che tali domande o eccezioni siano riproposte al giudice di secondo grado in una delle difese o comunque in sede di precisazione delle conclusioni.

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Cass. civ. n. 1243/1981

In tema di azione risarcitoria per fatto illecito, proposta nei confronti di due convenuti in forza di un dedotto vincolo di solidarietà, ed accolta dal primo giudice nei confronti di uno solo dei medesimi, l’appello principale del soccombente, ancorché diretto a far escludere la propria responsabilità per essere responsabile l’altro convenuto, non si riflette sul distinto e scindibile rapporto fra tale altro convenuto e l’attore, sicché il gravame incidentale di quest’ultimo, rivolto a censurare l’esclusione di quella responsabilità solidale, ha carattere autonomo, in relazione ad un interesse preesistente alla proposizione del gravame principale, e, come tale, va proposto nei termini ordinari.

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Cass. civ. n. 2678/1980

Quando le censure dell’appellato riguardano un capo della pronuncia che non ha alcun rapporto di connessione o dipendenza con quello oggetto dell’impugnazione principale, l’appello incidentale è completamente autonomo rispetto a quello principale e non è più proponibile ove sia scaduto il termine per l’impugnazione.

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Cass. civ. n. 2267/1980

L’impugnazione con la quale l’appellato investe punti della decisione aventi carattere di pregiudizialità logica e giuridica rispetto alle statuizioni che hanno costituito l’oggetto dell’appello principale ha natura di appello incidentale ordinario, e non già autonomo, tale essendo quello col quale l’appellato impugna statuizioni della sentenza del tutto indipendenti da quelle investite dall’appello principale; essa, pertanto, mentre deve essere proposta entro limiti temporali decorrenti esclusivamente dalla proposizione dell’appello principale, non è soggetta, ove relativa a sentenza non definitiva, all’obbligo della riserva di cui al primo comma dell’art. 340 c.p.c., che, nella stessa ipotesi, opera soltanto in relazione all’appello incidentale autonomo.

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