10 Gen Art. 2966 — Cause che impediscono la decadenza
La decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto.
Tuttavia, se si tratta di un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti disponibili, la decadenza può essere anche impedita dal riconoscimento [ 1988, 2720 ] del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza [ l.f. 94 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 3851/2017
In tema di decadenza, al fine di garantire le elementari esigenze di certezza dei rapporti giuridici è necessario che l’adempimento idoneo ad evitarla si esplichi in relazione ad una pretesa determinata, individuata anche mediante l’indicazione del titolo posto a fondamento della tutela invocata, che costituisce imprescindibile elemento distintivo della pretesa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto inidonea ad impedire la decadenza annuale di cui all’art. 1751, comma 5, c.c. una missiva che non conteneva alcun riferimento all’indennità di fine rapporto, ma si riferiva a pretese collegate ad un rapporto di lavoro subordinato).
Cass. civ. n. 10120/2006
In materia di cause che, a norma dell’art. 2966 c.c., impediscono la decadenza, il riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza, se non è espresso, può essere desunto esclusivamente da un fatto che, avendo quale presupposto l’ammissione, totale o parziale, della pretesa avversaria, sia incompatibile con la volontà opposta. A tal fine, le trattative per comporre bonariamente la vertenza, non avendo quale precipuo presupposto l’ammissione totale o parziale della pretesa avversaria e non rappresentando, quindi, riconoscimento del diritto altrui, non valgono, di per sé, ad impedire la decadenza. (Principio espresso in fattispecie di estinzione della fideiussione, per non avere il creditore proposto le sue istanze nei confronti del fideiussore nel termine semestrale di decadenza di cui all’art. 1957 c.c.).
Cass. civ. n. 13218/2001
L’art. 2966 c.c., che riconnette al riconoscimento della controparte un effetto impeditivo della decadenza, si riferisce soltanto ai diritti disponibili; pertanto tale norma non opera in materia tributaria per i diritti del Fisco nei confronti del contribuente, che tale natura non hanno.
Cass. civ. n. 3473/2000
Il principio, desumibile dall’art. 2966 c.c. – secondo cui, allorché l’atto richiesto per impedire una decadenza consista nell’esercizio di un’azione, la tempestiva proposizione della domanda giudiziale, ancorché davanti a giudice incompetente, rappresenta un evento idoneo a tal fine – presuppone che l’organo erroneamente adito sia a sua volta fornito di potestas iudicandi ed appartenga al medesimo ordine giurisdizionale, essendo gli effetti conservativi del termine decadenziale funzionali alla transalatio iudicii ed alla prosecuzione del processo innanzi al giudice competente; tale principio non può pertanto trovare applicazione allorquando una controversia appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario sia erroneamente introdotta davanti al giudice amministrativo. (Nella specie, la delibera di decadenza per incompatibilità dalla carica di Consigliere Comunale era stata impugnata innanzi al Tar e successivamente, ma oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della delibera di cui all’articolo 82 del D.P.R. n. 570 del 1960, al giudice ordinario; la S.C., in applicazione dell’esposto principio, ha confermato la decisione di merito di irrilevanza del primo ricorso a impedire la decadenza).
Cass. civ. n. 7099/1995
Qualora la legge preveda la decadenza da un diritto di credito per il caso di suo mancato esercizio entro un certo termine, la richiesta di un pagamento soltanto parziale è atto di esercizio idoneo ad impedire la decadenza con riguardo all’intera prestazione dovuta — stante la facoltà del creditore di chiedere e di accettare l’adempimento parziale — ed a far si che la richiesta di pagamento dell’importo residuo non sia poi soggetta ad alcun termine di tal genere; ne consegue che l’esercizio di un diritto di credito previdenziale, attuato entro il termine di decadenza previsto dalla legge, impedisce tale decadenza anche con riguardo all’adeguamento monetario, ancorché di questo non sia fatta espressa menzione, atteso che la rivalutazione monetaria costituisce una componente essenziale del credito previdenziale ed atteso altresì che non può configurarsi una rinuncia a un diritto in mancanza di uno specifico atto dal quale possa univocamente ricavarsi tale manifestazione di volontà.
Cass. civ. n. 2813/1993
Allorché l’atto richiesto per impedire la decadenza consista nell’esercizio di un’azione la tempestiva proposizione della domanda giudiziale non è idonea a conseguire tale effetto nel caso che il processo sia dichiarato estinto, perché l’estinzione rende inefficaci tutti gli atti processuali compiuti, compreso l’atto introduttivo della lite, al quale non può essere attribuito alcun effetto processuale o sostanziale, e quindi neppure quello di impedire la decadenza del diritto fatto valere in giudizio. Tale principio trova applicazione anche nel giudizio proposto dal conduttore ex art. 79 della L. 27 luglio 1978. n. 392 per ottenere la restituzione di somme corrisposte al locatore in violazione dei divieti e dei limiti previsti da tale legge, con la conseguenza che nel caso di estinzione di detto giudizio, la riproposizione della medesima azione non vale a sanare la eventuale decadenza dall’azione stessa nel frattempo verificatasi per effetto del decorso del termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, fissato dal secondo comma dell’art. 79 della legge stessa.
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