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Art. 2086 — Gestione dell’impresa

Art. 2086 — Gestione dell’impresa

L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori [ 2094, 2104 ].

L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 18278/2010

Il potere organizzativo del datore di lavoro comprende senz’altro la predisposizione di regole finalizzate ad una migliore coesistenza delle diverse realtà operanti all’interno dei luoghi di lavoro e ad evitare conflittualità ma non può tradursi in condotte pregiudizievoli dell’integrità fisica e morale dei prestatori d’opera in quanto nell’equo bilanciamento dell’esigenza di funzionalità dell’impresa e di tutela delle condizioni di lavoro e del lavoratore, il legislatore ha chiaramente privilegiato, con l’art. 41 Cost., ripreso dall’art. 2087 c.c., i diritti fondamentali dei lavoratori. (Principio applicato in una fattispecie, caratterizzata dal fatto che, nell’unico ambiente di lavoro, destinato allo stiro industriale, era stato installato un paravento divisorio che creava un spazio angusto e poco illuminato per le dipendenti “conflittuali”, determinando una situazione di aggravio materiale delle condizioni di lavoro a causa delle esalazioni di vapore a getto continuo, e psicologica per la condizione ingiustificata di isolamento).

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Cass. civ. n. 16317/2010

Nell’esercizio del potere direttivo, attribuitogli dagli artt. 2086 e 2094 c.c., ed in particolare nell’esercizio del potere di valutare la condotta del lavoratore e di adottare i conseguenti comportamenti organizzativi e disciplinari, l’imprenditore non è assoggettato a preclusioni di forma, con la conseguenza che la valutazione, in sede di note di qualifica, di un comportamento indisciplinato del dipendente insieme alla complessiva condotta sull’esecuzione della prestazione lavorativa non gli impedisce di valutare successivamente lo stesso comportamento al fine di infliggere la sanzione disciplinare.

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Cass. civ. n. 8998/2001

Le norme poste dagli artt. 2 e 3 della legge 20 maggio 1970, n. 300 a tutela della libertà e dignità del lavoratore, delimitano la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei suoi interessi, con specifiche attribuzioni nell’ambito dell’azienda (rispettivamente con poteri di polizia giudiziaria a tutela del patrimonio aziendale e di controllo della prestazione lavorativa), ma non escludendo il potere dell’imprenditore, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica l’adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, già commesse o in corso di esecuzione, e ciò indipendentemente dalle modalità del controllo, che può legittimamente avvenire anche occultamente, senza che vi ostino né il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei rapporti, né il divieto di cui all’art. 4 della stessa legge n. 300 del 1970, riferito esclusivamente all’uso di apparecchiature per il controllo a distanza (non applicabile analogicamente, siccome penalmente sanzionato). Sono pertanto legittimi, in quanto estranei alle previsioni delle suddette norme, gli accertamenti operati dall’imprenditore attraverso riproduzione filmate dirette a tutelare il proprio patrimonio aziendale, al di fuori dell’orario di lavoro e contro possibili atti penalmente illegittimi messi in atto da terzi e quindi anche dai propri dipendenti i quali a questi non possono non essere in tutto equiparati allorquando agiscano al di fuori dell’orario di lavoro.

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Cass. civ. n. 4773/2001

Il giudizio di meritevolezza del dipendente da parte del datore di lavoro, non configura una condizione meramente potestativa inserita in un uso aziendale, in quanto la suddetta valutazione non può mai essere assolutamente discrezionale ed insindacabile, ancorché manchi la specifica indicazione nell’ordine di servizio, in quanto esistono pur sempre dei parametri oggettivi, desumibili dal codice civile, dalle norme aziendali interne e dalla contrattazione collettiva, a norma dei quali valutare il comportamento del dipendente, sicché l’apprezzamento di meritevolezza del datore di lavoro è sempre suscettibile di censure e di controllo in sede giudiziale.

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Cass. civ. n. 10450/2000

Le valutazioni concernenti le «note di qualifica» con le quali il datore di lavoro (nella specie un istituto di credito) esprime un giudizio sintetico sul rendimento e le capacità professionali del lavoratore — le quali assumono rilevanza esterna quando si pongono in rapporto di strumentalità con atti di gestione del rapporto di lavoro, quali le promozioni — non sono insindacabili, restando il datore di lavoro soggetto ai limiti posti da eventuali criteri obiettivi previsti dalla contrattazione collettiva e, soprattutto, agli obblighi di correttezza e buona fede, con l’obbligo di motivare adeguatamente le note suddette al fine di consentire al giudice il sindacato in ordine all’eventuale sussistenza di intenti discriminatori o di ritorsione ovvero di motivi illeciti o irragionevoli, quali quelli non inerenti al dipendente nella sua specifica qualità di lavoratore

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