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Art. 1676 — Diritti degli ausiliari dell’appaltatore verso il committente

Art. 1676 — Diritti degli ausiliari dell’appaltatore verso il committente

Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 24368/2017

La previsione contenuta nell’art. 1676 c.c. si applica anche ai dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltante, sia in base al criterio di interpretazione letterale, in quanto il contratto di subappalto altro non è che un vero e proprio appalto che si caratterizza rispetto al contratto-tipo solo per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto, sia in considerazione della “ratio” della norma, che è ravvisabile nell’esigenza di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell’appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell’inadempimento di questi e che ricorre identica nell’appalto e nel subappalto.

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Cass. civ. n. 10439/2012

La disposizione dell’art. 1676 c.c. – in base alla quale i dipendenti dell’appaltatore hanno azione diretta verso il committente, fino a concorrenza del debito del committente verso l’appaltatore, per conseguire quanto loro dovuto per l’attività prestata nell’esecuzione dell’appalto – si applica anche al subappalto di lavori pubblici, ai sensi dell’art. 141 del d.p.r. n. 554 del 1999, sia perché il subappalto è un vero e proprio contratto di appalto, seppure caratterizzato da derivazione da altro contratto di appalto, sia perché, nell’appalto e nel subappalto, ricorre la stessa esigenza di tutela dei lavoratori, onde preservarli dal rischio di inadempimento del datore di lavoro.

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Cass. civ. n. 23489/2010

L’azione diretta proposta dal dipendente dell’appaltatore contro il committente per conseguire quanto gli è dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore al momento della proposizione della domanda, è prevista dall’art. 1676 c.c. con riferimento al solo credito maturato dal lavoratore in forza dell’attività svolta per l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio oggetto dell’appalto, e non anche con riferimento ad ulteriori crediti, pur relativi allo stesso rapporto di lavoro.

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Cass. civ. n. 6208/2008

L’art. 141, comma Quarto, prima parte, D.P.R. n. 554 del 1999, in materia di appalto di lavori pubblici, nel prevedere che l’affidamento dei lavori da parte della società consortile aggiudicataria — costituita da imprese artigianali individuali — alle singole imprese consorziate non costituisce subappalto, ha inteso solo escludere, in considerazione della peculiarità dei soggetti aggiudicatari, che a tale affidamento fossero applicatili le disposizioni in materia di subappalto e non anche fornire una qualificazione giuridica di detto negozio, che resta qualificabile in termini di subderivazione dal contratto di appalto, e, quindi, di subappalto. Conseguentemente, si applica la speciale tutela prevista dall’art. 1676 c.c. a favore dei lavoratori dipendenti dell’impresa dell’appaltatore nei confronti del committente, sia perché il subappalto altro non è che un vero e proprio appalto caratterizzato, rispetto al contratto — tipo, per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte che ne costituisce il presupposto, sia perché la medesima esigenza — di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell’appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell’inadempimento di questi — ricorre, identica, nell’appalto e nel subappalto.

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Cass. civ. n. 9048/2006

Qualora gli ausiliari dell’appaltatore si rivolgano, anche in via stragiudiziale, al committente per ottenere il pagamento di quanto ad essi dovuto, per l’attività lavorativa svolta nell’esecuzione dell’opera appaltata o per la prestazione dei servizi, il committente diviene, ai sensi dell’art. 1676 c.c., diretto debitore nei confronti degli stessi ausiliari, con la conseguenza che è tenuto, solidalmente con l’appaltatore, fino alla concorrenza del debito per il prezzo dell’appalto e non può più pagare all’appaltatore stesso e, se paga, non è liberato dall’obbligazione verso i suddetti ausiliari. Poiché, lo scopo della citata norma di cui all’art. 1676 c.c. è proprio quello di determinare l’indisponibilità del credito dell’appaltatore nei confronti del committente, al fine di garantire i lavoratori che hanno prestato la loro attività lavorativa nella realizzazione dell’opera, dal momento in cui le pretese dei lavoratori siano portate a conoscenza del committente, gli effetti sostanziali di tale domanda possono essere ricondotti alla richiesta del tentativo di conciliazione presentata ai sensi dell’art. 410 c.p.c. che sia resa conoscibile al committente, in quanto tale tentativo non configura soltanto una condizione di procedibilità, ma, dall’atto in cui la relativa istanza è comunicata alla controparte, è idoneo ad interrompere la prescrizione e a sospendere il decorso di ogni termine di decadenza. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il relativo motivo di ricorso e confermato sul punto la sentenza impugnata, con la quale era rimasto accertato che la comunicazione della richiesta del tentativo di conciliazione prevista dall’art. 410 c.p.c. era stata effettuata nei confronti del comune committente e che alla data della comunicazione stessa il medesimo ente era debitore dell’impresa appaltatrice dei lavori per la somma reclamata).

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Cass. civ. n. 12048/2003

La previsione contenuta nell’art. 1676 c.c., in base alla quale i lavoratori dipendenti dell’appaltatore hanno, nei confronti del committente, un’azione diretta allo scopo di conseguire quanto è loro dovuto con riferimento all’attività lavorativa presta per eseguire l’opera appaltata, si applica anche ai dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltante, sia in base al criterio di interpretazione letterale, in quanto il contratto di subappalto altro non è che un vero e proprio appalto che si caratterizza rispetto al contratto-tipo solo per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto, sia in considerazione della ratio della norma, che è ravvisabile nell’esigenza di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell’appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell’inadempimento di questi, esigenza che ricorre identica nell’appalto e nel subappalto.

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Cass. civ. n. 11074/2003

Il committente, cui il cessionario del credito dell’appaltatore chieda il pagamento dopo che la cessione gli sia stata portata a conoscenza, non può sottrarsi al pagamento, eccependo che, successivamente alla comunicazione della cessione, i dipendenti dell’appaltatore hanno avanzato domanda ex art. 1676 c.c.

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Cass. civ. n. 3559/2001

In materia di appalto, l’apertura del procedimento fallimentare nei confronti dell’appaltatore non comporta l’improcedibilità dell’azione precedentemente esperita dai dipendenti nei confronti del committente, ai sensi dell’art. 1676 c.c., per il recupero dei loro crediti verso l’appaltatore datore di lavoro, atteso che la previsione normativa di una tale azione risponde proprio all’esigenza di sottrarre il soddisfacimento dei crediti retributivi al rischio dell’insolvenza del debitore e che, d’altra parte, si tratta di un’azione «diretta», incidente, in quanto tale, direttamente sul patrimonio di un terzo (il committente) e solo indirettamente su un credito del debitore fallito, sì da doversi escludere che il conseguimento di una somma, che non fa parte del patrimonio del fallito, possa comportare un nocumento delle ragioni degli altri dipendenti dell’appaltatore, che fanno affidamento sulle somme dovute (ma non ancora corrisposte) dal committente per l’esecuzione dell’opera appaltata; né tale situazione suscita sospetti di incostituzionalità, con riferimento all’art. 3 Costituzione (letto in corrispondenza del principio della par condicio creditorum), non essendo irrazionale una norma che accorda uno specifico beneficio a determinati lavoratori, anche rispetto ad altri, in relazione all’attività lavorativa dai medesimi espletata e dalla quale un altro soggetto (il committente) ha ricavato un particolare vantaggio. L’art. 1676 c.c. che consente agli ausiliari dell’appaltatore di agire direttamente contro il committente per «quanto è loro dovuto» si applica anche ai contratti di appalto stipulati con le pubbliche amministrazioni, trovando tale disposizione un puntuale riscontro nell’art. 357 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), contemplante la possibilità di pagamento diretto da parte dell’amministrazione della retribuzione dei dipendenti dell’appaltatore non corrisposta alle previste scadenze, e non essendo la medesima disposizione incompatibile con l’art. 351 della citata legge n. 2248 del 1865, limitativo della possibilità di sequestro dei corrispettivi di tali appalti, con la conseguenza che anche in tale materia si configura un rapporto diretto fra gli ausiliari dell’appaltatore e l’ente committente, riguardo ai crediti retributivi dei primi verso l’appaltatore datore di lavoro; ne deriva che, nell’ambito di tale rapporto diretto, non può assumere rilevanza la normativa relativa all’osservanza delle norme sulla contabilità della pubblica amministrazione, in relazione alla esigibilità del credito dell’appaltatore nei confronti dell’ente committente.

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Cass. civ. n. 1510/2001

Il committente che paga, ai sensi dell’art. 1676 c.c., i dipendenti dell’appaltatore, fino alla concorrenza del credito di questi, dopo che gli è stata comunicata la relativa cessione ad un terzo, è liberato dalla sua obbligazione.

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Cass. civ. n. 12784/2000

La norma di cui all’art. 1676 c.c. attribuisce ai dipendenti dell’appaltatore un’azione diretta contro il committente per conseguire quanto è dovuto in conseguenza della prestazione dell’attività svolta per l’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato. Da ciò deriva una solidarietà passiva tra appaltatore e committente, che non diviene comunque parte del rapporto di lavoro.

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Cass. civ. n. 11607/2000

L’azione diretta esercitata ex art. 1676 c.c. dall’ausiliare dell’appaltatore contro il committente è pienamente distinta e autonoma rispetto a quella che, eventualmente, venga simultaneamente proposta nei confronti dell’appaltatore — datore di lavoro, configurandosi fra quest’ultimo ed il committente un mero rapporto di solidarietà in relazione all’obbligo di pagamento delle retribuzioni dovute per le prestazioni eseguite dal lavoratore; pertanto, l’appaltatore non può essere ritenuto — stante appunto il carattere solidale dell’obbligazione — litisconsorte necessario nel giudizio direttamente promosso dal di lui dipendente contro il committente.

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Cass. civ. n. 4067/1999

Il principio secondo cui al giudizio promosso ai sensi dell’art. 1676 c.c. dagli ausiliari dell’appaltatore per conseguire direttamente dal committente quanto loro è dovuto deve partecipare anche l’appaltatore quale litisconsorte necessario, traendo origine dall’inscindibilità dei rapporti intercorrenti fra il committente, l’appaltatore e gli ausiliari di quest’ultimo, i quali sostanzialmente espropriano in loro favore il credito del loro datore di lavoro verso il committente, non si estende all’ipotesi regolata dall’art. 3 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369 sul divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro, nella quale l’appaltante è tenuto verso i dipendenti dell’appaltatore senza limite, e quindi anche se i rapporti fra i due imprenditori siano stati già definiti o debbano esserlo al di qua della pretesa creditoria dei dipendenti.

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Cass. civ. n. 11753/1998

Le azioni che i dipendenti dell’appaltatore possono esperire nei confronti dell’impresa committente per la soddisfazione delle loro spettanze in base all’art. 1676 c.c. e all’art. 3 L. 23 ottobre 1960, n. 1369 si differenziano per finalità e struttura, oltre che per petitum e causa petendi, poiché in quella codificata il committente soddisfa un debito altrui, in virtù di una legittimazione sostitutiva eccezionalmente concessa agli ausiliari dell’appaltatore, mentre in quella prevista dalla norma speciale rileva l’aspetto della garanzia apprestata in favore dei lavoratori dell’appaltatore e diretta ad impedire che l’appalto costituisca uno strumento di disconoscimento di quei diritti dei quali essi diventerebbero titolari, se dipendessero direttamente dal committente, come pure potrebbero, attesa la non estraneità dell’appalto al ciclo produttivo dell’azienda facente capo a quest’ultimo. Ed infatti la prevista responsabilità solidale tra committente ed appaltatore si fonda sulla circostanza che l’appalto sia stato concesso per opere e servizi da eseguirsi all’«interno dell’azienda», cioè sulla base di un presupposto non di carattere topografico, ma relativo alla qualificazione degli interventi richiesti, che devono riguardare un settore dell’organizzazione tecnica propria dell’attività dell’impresa concedente l’appalto, ossia uno dei servizi principali o ausiliari predisposti ai fini della realizzazione del suo ciclo produttivo.

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