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Art. 1496 — Vendita di animali

Art. 1496 — Vendita di animali

Nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali. Se neppure questi dispongono si osservano le norme che precedono.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 10916/2011

In tema di compravendita, si ha consegna di “aliud pro alio” che dà luogo all’azione contrattuale di risoluzione o di adempimento, ai sensi dell’art. 1453 c.c., svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c., qualora il bene venduto sia completamente diverso da quello pattuito in quanto, appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della “res” venduta e, quindi, a fornire l’utilità richiesta. (Nella fattispecie, la Corte ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto che non fosse stata venduta una cosa priva di qualità essenziali, ma una cosa diversa da quella pattuita, essendo gli animali venduti affetti da brucellosi e inidonei a qualunque impiego perché, per la loro malattia, dovevano essere abbattuti).

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Cass. civ. n. 9330/2004

In tema di vendita di animali, secondo le norme del codice civile — applicabili in mancanza di leggi speciali o, in via gradata, degli usi locali — la garanzia per vizi, dovuta dal venditore indipendentemente da colpa per il solo fatto oggettivo della loro presenza è esclusa soltanto se, ai sensi dell’art. 1491 c.c., il compratore era a conoscenza dei vizi o se gli stessi erano facilmente riconoscibili, salvo, in quest’ultimo caso, che il venditore abbia dichiarato che l’animale ne era esente. Pertanto, qualora l’animale sia risultato affetto da malattia, manifestatasi alcuni giorni dopo la consegna, costituisce onere probatorio posto a carico del venditore dimostrare che la malattia sia stata provocata dalla ingestione accidentale di sostanze tossiche. (L’acquirente di un cucciolo di pastore tedesco aveva chiesto la risoluzione del contratto di vendita, deducendo che l’animale era risultato affetto da malattia congenita che ne aveva determinato la morte. La Corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva rigettato la domanda ritenendo che l’attore non avesse assolto l’onere probatorio, su di lui incombente, di dimostrare che il difetto patologico e letale — determinato da una malattia congenita — non fosse dipeso da cause accidentali sopravvenute all’acquisto).

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Cass. civ. n. 7134/1993

L’occultamento dei vizi della cosa venduta per dispensare il compratore dall’onere della denunzia, ai sensi dell’art. 1495, secondo comma, c.c., non può consistere, nel semplice silenzio da parte del venditore, ma esige una particolare attività illecita del venditore stesso diretta con adeguati accorgimenti a nascondere il vizio della cosa. Pertanto, nel caso di vendita di animali, non può ravvisarsi l’anzidetta attività capziosa nella mancata consegna della certificazione veterinaria di sanità, atteso che non sussiste un obbligo in tal senso per il venditore, non rientrando esso in quello generale della consegna dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà ed all’uso della cosa venduta di cui all’art. 1477 c.c.

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Cass. civ. n. 11834/1991

Anche nella vendita di cose di genere quali gli animali che siano indicati in contratto con riferimento al loro numero, il difetto di qualità può costituire «vizio» se si riferisca alle dimensioni, peso, misura, od alle caratteristiche dei singoli capi (
corpora certa); quando invece gli animali, pur avendo le caratteristiche pattuite, vengano consegnati in numero inferiore a quello convenuto, il venditore incorre in inadempimento parziale ed il compratore ha diritto, a seconda delle particolarità concrete, o alla consegna del quantitativo mancante o alla risoluzione del contratto o alla riduzione del prezzo, ferma restando l’eccezione d’inadempimento di cui all’art. 1460 c.c., senza che a dette azioni siano applicabili le condizioni ed i termini di cui all’art. 1495 c.c.

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Cass. civ. n. 3929/1982

L’art. 1496 c.c. — disponendo che nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali e, in terzo grado, dalle stesse precedenti norme del codice — opera un rinvio a tali usi che incontra unicamente il limite del rispetto di norme imperative ed inderogabili e che, pertanto, non può ritenersi circoscritto alla fissazione dei termini entro cui deve essere fatta la denuncia dei vizi o difetti degli animali; ciò sia in base ad un principio ermeneutico generale (
ubi lex non distinguit), sia perché il rinvio di terzo grado è fatto non al solo art. 1495, ma alle «norme che precedono», e quindi a tutte quelle, fra dette norme, che riguardano la stessa azione, ossia che dispongono per quali vizi e con quali effetti la garanzia può essere fatta valere. (Nella specie, il S.C., enunciando il surriportato principio, ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto inefficace l’art. 14 della raccolta degli usi della provincia di Brescia — nella parte in cui, in materia di vendita di animale, stabilisce la presunzione semplice che la malattia dalla quale sono affetti gli stessi è preesistente alla consegna se denunciata dal compratore entro tre giorni dalla medesima — sul rilievo che il rinvio dell’art. 1496 c.c. agli usi locali è limitato alla fissazione dei termini da osservare per la denuncia dei vizi o difetti).

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Cass. civ. n. 4221/1981

In una compravendita di animale, mentre la malattia infettiva, di cui quello è affetto, configura la mancanza nell’oggetto dei requisiti di cui all’art. 1346 c.c., con la conseguente nullità del contratto, ai sensi dell’art. 1418, secondo comma, c.c., l’esistenza di altri vizi, originari o sopravvenuti, pone i presupposti per l’azione redibitoria, nei termini di cui all’art. 1492 c.c.

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