10 Gen Art. 1443 — Ripetizione contro il contraente incapace
Se il contratto è annullato per incapacità di uno dei contraenti, questi non è tenuto a restituire all’altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio [ 2039 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 16888/2017
L’esonero dalla ripetizione della prestazione ricevuta dalla parte, in ipotesi di annullamento del contratto per sua incapacità, prescinde dalla buona o malafede dell’altro contraente e dipende esclusivamente dalla circostanza oggettiva che detto annullamento sia avvenuto in conseguenza di tale incapacità, presumendo la legge che l’incapace abbia mal disposto del suo patrimonio e dissipato la prestazione conseguita, non traendone profitto; grava, pertanto, sull’altro contraente, che intenda ottenere la restituzione della prestazione corrisposta, l’onere di dimostrare che l’incapace ne ha tratto vantaggio, indipendentemente dal proprio stato soggettivo.
Cass. civ. n. 6474/2015
Quando, a seguito della declaratoria di incompetenza da parte di altro giudice, la causa prosegue in riassunzione davanti al giudice di pace ritenuto competente, questi può rilevare, a sua volta, la propria incompetenza e sollevare il conflitto per ragioni di materia o di territorio inderogabile, sempre che la fase di trattazione non si sia consumata davanti a lui, con conseguente preclusione della questione di competenza. (Nella specie, il giudice di pace – dopo aver fatto precisare alle parti le conclusioni – aveva provveduto a norma dell’art. 45 cod. proc. civ., contestualmente alla pronuncia, con separato provvedimento, di una sentenza con cui dichiarava inammissibile una delle domande attoree).
Cass. pen. n. 4155/2015
Il decreto di sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo di reato, deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti, a meno che la finalizzazione probatoria del corpo del reato sia connotato ontologico ed immanente rispetto alla natura delle cose inquadrabili in quel concetto. (Fattispecie in materia di contraffazione di marchi di orologi, nella quale la Corte nell’annullare il provvedimento di sequestro probatorio di una somma di denaro, costituente corpo di reato, in quanto privo di motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, ha osservato che il denaro, anche nelle ipotesi in cui integri il corpo del reato, è privo di connotazioni identificative e dimostrative, salvo che proprio quelle banconote o monete, ad esempio perché contrassegnate o sospettate di falsità, occorrano al processo come elemento di tipo probatorio).
Cass. civ. n. 16937/2006
Il contratto preliminare deve essere inteso come struttura negoziale autonoma destinata (quantomeno in ipotesi di c.d. «preliminare impuro» ovvero «a prestazioni anticipate») a realizzare un assetto di interessi prodromico a quello che sarà compiutamente attuato con il contratto definitivo, sicché il suo oggetto è rinvenibile non solo e non tanto nel facere consistente nel manifestare successivamente una volontà rigidamente predeterminata quanto alle parti e al contenuto, ma anche e soprattutto in un (sia pur futuro) «dare» insito nella trasmissione dei diritto (dominicale o di altro genere), che costituisce, alfine, il risultato pratico avuto di mira dai contraenti. Ne consegue che, stipulato un contratto preliminare (avente ad oggetto, nel caso specifico, la cessione esclusiva dei futuri diritti di sfruttamento industriale di un’invenzione) con un soggetto incapace (legalmente presunto tale per effetto di sentenza di inabilitazione), l’unica azione a disposizione della parte promissaria acquirente, già esecutrice in modo parziale della propria prestazione, si individua in quella contrattuale prevista dall’art. 1443 c.c., senza che possa farsi luogo, in via cumulativa, all’esperimento di altra azione, di tipo extracontrattuale, riconducibile alla supposta malafede del predetto soggetto durante le trattative, e ciò alla stregua delle sopravvenute condizioni complessivamente cristallizzate mediante la stipula del preliminare che comportano la perdita di ogni autonomia e di ogni giuridica rilevanza di dette trattative, convergendo, sotto il profilo risarcitorio, nella nuova struttura contrattuale che, pertanto, viene a costituire la sola fonte di responsabilità, per l’appunto, risarcitoria. (Nella specie, la S.C., enunciando tale principio, ha cassato con rinvio l’impugnata sentenza, con la quale, invece, era stata riconosciuta la configurabilità di una responsabilità extracontrattuale a carico del ricorrente per violazione del principio di buona fede nella fase precontrattuale, malgrado l’intervenuta stipula del contratto preliminare e la conseguente esclusiva rilevanza del nuovo vincolo giuridico venutosi a formare al quale si sarebbe dovuta ricollegare, in caso di annullamento dello stesso contratto, la sola responsabilità individuata nel citato art. 1443 c.c.).
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