10 Gen Art. 1345 — Motivo illecito
Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe [ 626, 788, 1418 2 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 15093/2009
Il licenziamento nullo per illiceità del motivo (nella specie, dettato da finalità elusive di precedente pronuncia giudiziale di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro) è insuscettibile di produrre qualsiasi effetto, con la conseguenza che al lavoratore licenziato, indipendentemente dai requisiti dimensionali dell’impresa, spettano per intero, in base alle regole di diritto comune, le retribuzioni maturate in forza del rapporto di lavoro mai interrotto e parte datoriale deve essere condannata a riammetterlo in servizio ed a versare i contributi previdenziali ed assistenziali dal momento del recesso.
Cass. civ. n. 20197/2005
La norma dettata dall’art. 1345 c.c. che, derogando al principio secondo il quale i motivi dell’atto di autonomia privata sono di regola irrilevanti, eccezionalmente qualifica illecito il contratto determinato da un motivo illecito comune alle parti, in virtù del disposto di cui all’art. 1324 c.c., trova applicazione anche rispetto agli atti unilaterali, laddove essi siano finalizzati esclusivamente al perseguimento di scopi riprovevoli ed antisociali, rinvenendosi l’illiceità del motivo, al pari della illiceità della causa, a mente dell’art. 1343 c.c., nella contrarietà dello stesso a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Ne consegue che, sussistendone le condizioni di fatto, deve qualificarsi affetto da motivo illecito e quindi nullo, ai sensi dell’art. 1418, secondo comma, c.c., l’atto di recesso da un rapporto di agenzia che, diretto nei confronti di un agente costituito in forma di società di persone, risulti ispirato dalla sola finalità di rappresaglia e di ritorsione nei confronti del comportamento sindacale tenuto dai soci di quest’ultima, dovendosi ritenere un siffatto motivo contrario alle norme imperative poste a tutela delle libertà sindacali dei lavoratori, norme che, in ragione del valore e della tutela, che lo stesso dettato costituzionale assegna al «lavoro», nella sua accezione più ampia, appaiono estensibili, al di fuori dei rapporti di lavoro subordinato, a tutti coloro che svolgono attività lavorativa, anche se in forma parasubordinata o autonoma.
Cass. civ. n. 4747/1995
Anche nei casi in cui sia ancora ammissibile il licenziamento ad nutum, ai sensi dell’art. 2118 c.c., è nullo il licenziamento determinato in maniera esclusiva da un motivo illecito (nella specie, intimato per ritorsione all’azione giudiziaria proposta dal lavoratore).
Cass. civ. n. 10603/1993
Il motivo illecito – che, se comune ad entrambe le parti e determinante per la stipulazione, determina la nullità del contratto – si identifica con una finalità vietata dall’ordinamento, poiché contraria a norma imperativa o ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiché diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa. Pertanto, l’intento delle parti di recare pregiudizio ad altri, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non è illecito, non rinvenendosi nell’ordinamento una norma che sancisca in via generale, come per il contratto in frode alla legge, l’invalidità del contratto in frode dei terzi, ai quali, invece, l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui attività negoziale.
Cass. civ. n. 7983/1991
Quando per un negozio che si pone in contrasto diretto con una norma imperativa è prevista una sanzione diversa dalla nullità assoluta, tale nullità non può essere affermata in base alla eventuale illiceità dei motivi, i quali sono da considerare giuridicamente irrilevanti.
Cass. civ. n. 755/1982
L’illiceità del motivo, che sia stato il solo a determinare la volontà della parte, comporta, ai sensi degli artt. 1324 e 1345 c.c., la nullità del negozio unilaterale causale.
Cass. civ. n. 2453/1971
Il motivo illecito importa, a norma dell’art. 1345 c.c., la nullità del contratto quando sia stato il solo a determinare, in concreto, l’intento negoziale di entrambi i contraenti in relazione al contratto nella sua interezza. Pertanto, l’illiceità del motivo di una delle parti non determina la nullità del contratto, qualora l’altra parte, pur essendone a conoscenza, abbia concluso il contratto per un proprio diverso motivo.
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