10 Gen Art. 1241 — Estinzione per compensazione
Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 7474/2017
In tema di estinzione delle obbligazioni, si è in presenza di compensazione cd. impropria se la reciproca relazione di debito-credito nasce da un unico rapporto, in cui l’accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite può essere compiuto dal giudice d’ufficio, diversamente da quanto accade nel caso di compensazione cd. propria, che, per operare, postula l’autonomia dei rapporti e l’eccezione di parte; resta salvo il fatto che, così come la compensazione propria, anche quella impropria può operare esclusivamente se il credito opposto in compensazione possiede il requisito della certezza.
Cass. civ. n. 10750/2016
La disciplina della compensazione ex art. 1241 c.c. è applicabile nelle ipotesi in cui le reciproche ragioni di credito, pur avendo il loro comune presupposto nel medesimo rapporto, siano fondate su titoli aventi diversa natura, l’una contrattuale e l’altra extracontrattuale.
Cass. civ. n. 11729/2014
Le norme che regolano la compensazione, ivi compresa quella concernente il divieto di rilevarla di ufficio, riguardano l’ipotesi della compensazione in senso tecnico, che postula l’autonomia dei contrapposti rapporti di credito, ma non si applicano allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto ovvero da rapporti accessori, in assenza quindi di autonomia, potendo il relativo calcolo, in tale evenienza, essere compiuto d’ufficio dal giudice in sede d’accertamento della fondatezza della domanda.
Cass. civ. n. 8971/2011
La compensazione impropria, che si verifica quando i contrapposti crediti e debiti delle parti hanno origine da un unico rapporto, rende inapplicabili le sole norme processuali che pongono preclusioni o decadenze alla proponibilità delle relative eccezioni, poiché in tal caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere, al quale il giudice può procedere anche in assenza di eccezione di parte o della proposizione di domanda riconvenzionale; ne consegue che la compensazione impropria non osta all’applicazione dell’art. 1248 c.c., secondo cui il debitore che ha accettato puramente e semplicemente la cessione che il creditore ha fatto delle sue ragioni ad un terzo non può opporre al cessionario la compensazione che avrebbe potuto oppone al cedente.
Cass. civ. n. 21802/2006
Nel caso di coesistenza di debiti reciproci aventi natura diversa, per essere uno di valore, in quanto a titolo di risarcimento danni, e l’altro di valuta, nella determinazione, ai fini della compensazione, dell’ammontare del primo, non può non tenersi conto — dovendo i danni da risarcire essere determinati con riferimento ai valori monetari del tempo della decisione finale della causa — della incidenza della svalutazione monetaria, il cui calcolo, con la conseguente sua aggiunta all’entità dei danni determinata con riferimento ai valori della moneta al tempo, dell’evento dannoso, costituisce una semplice modalità della liquidazione.
Cass. civ. n. 18498/2006
Quando tra due soggetti i rispettivi debiti e crediti hanno origine da un unico — ancorché complesso — rapporto, come nel caso in cui i reciproci crediti al risarcimento dei danni derivino da un unico evento prodotto dalle concomitanti azioni colpose, presunte tali ex art. 2054 c.c., di entrambi i conducenti dei veicoli venuti a collisione, non vi è luogo ad un’ipotesi di compensazione «propria» ex art. 1241 ss. c.c. (secondo cui i debiti tra due soggetti derivanti da distinti rapporti si estinguono per quantità corrispondenti fin dal momento in cui vengono a coesistere), che presuppone l’autonomia dei rapporti da cui nascono i contrapposti crediti delle parti, bensì ad un mero accertamento di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza, cui il giudice può procedere senza che sia necessaria l’eccezione di parte o la domanda riconvenzionale. Tale accertamento (c.d. compensazione «impropria»), pur potendo dare luogo ad un risultato analogo a quello della compensazione propria, non per questo è soggetto alla relativa disciplina tipica, sia processuale (sostanziantesi nel divieto di applicazione d’ufficio da parte del giudice ex art. 1242, secondo comma, c.c.) che sostanziale (concernente essenzialmente l’arresto della prescrizione ex art. 1242, secondo comma, c.c. e la incompensabilità del credito dichiarato impignorabile ex art. 1246, primo comma n. 3, c.c. e 545 c.p.c.).
Cass. civ. n. 10629/2006
Ai fini della configurabilità della compensazione in senso tecnico di cui all’art. 1241 c.c., non rileva la pluralità o unicità dei rapporti posti a base delle reciproche obbligazioni, essendo invece necessario solo che le suddette obbligazioni, quale che sia il rapporto (o i rapporti) da cui esse prendono origine, siano «autonome», ovvero «non legate da nesso di sinallagmaticità», posto che, in ogni altro caso, non vi sarebbe motivo per escludere l’applicabilità della disciplina prevista dall’art. 1246 c.c., che tiene conto anche delle caratteristiche dei crediti (specialmente in relazione alla — totale o parziale — impignorabilità dei medesimi) proprio per evitare, tra l’altro, che l’operatività della compensazione si risolva in una perdita di tutela per i creditori. In ogni caso, escludere che, in alcune ipotesi, possa operare l’istituto della compensazione disciplinato dal codice, non può essere un modo indiretto per poi ammettere una sorta di «compensazione di fatto», oltre i limiti previsti dalla disciplina codicistica e in fattispecie in cui tale disciplina non ammetterebbe la compensazione. Le cosiddette «compensazioni atecniche», pertanto, in mancanza di espressa previsione testuale, non possono essere estese oltre le ipotesi in cui una compensazione non sia logicamente configurabile, dovendo, in ogni altro caso, ritenersi applicabile l’istituto della compensazione previsto dal codice, con i limiti e le garanzie della relativa disciplina. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell’enunciato principio, poiché il credito del ricorrente dipendente a titolo di pensione aziendale, pur avendo natura retributiva, era da considerarsi del tutto autonomo rispetto al credito vantato dal datore di lavoro, in difetto del nesso di corrispettività, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che era incorsa in errore di diritto avendo escluso che fosse configurabile un’ipotesi di compensazione in senso tecnico).
Cass. civ. n. 260/2006
La compensazione presuppone che i debiti contrapposti derivino da rapporti autonomi, con la conseguenza che, in presenza di un rapporto unico, il giudice deve procedere d’ufficio all’accertamento delle rispettive posizioni attive e passive e, cioè, alla determinazione del saldo a favore o a carico dell’una o dell’altra parte. L’operatività della compensazione anche tra debiti scaturenti da un rapporto unico è, tuttavia, esclusa quando si tratti di obbligazioni legate da un vincolo di corrispettività che ne escluda l’autonomia, perché se in siffatta ipotesi si ammettesse la reciproca elisione delle obbligazioni in conseguenza della compensazione, si verrebbe ad incidere sull’efficacia stessa del negozio, paralizzandone gli effetti.
Cass. civ. n. 11943/2002
Il principio secondo il quale l’istituto della compensazione — postulando l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono le contrapposte ragioni di credito delle parti — non trova applicazione nel caso in cui non sussista la predetta autonomia di rapporti per avere origine i rispettivi crediti nell’ambito di un’unica relazione negoziale (ancorché complessa) non esclude la possibilità della valutazione, nell’ambito del medesimo giudizio, delle reciproche ragioni di credito e del consequenziale accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite di dare-avere derivanti da un unico rapporto, valutazione che, per contro, può sempre aver luogo ed alla quale, anzi il giudice deve procedere d’ufficio, trovando il detto principio di applicazione, per converso, al solo fine di escludere che, a tale operazione, possano essere opposti i limiti di carattere tanto sostanziale quanto processuale stabiliti dall’ordinamento per l’operatività della compensazione stessa quale regolata, in senso tecnico-giuridico, negli arti. 1241 ss. c.c. (principio affermato in tema di contratto di appalto con riferimento alle pretese creditorie reciprocamente vantate da appaltante ed appaltatore).
Cass. civ. n. 14456/1998
Il principio secondo cui non sono applicabili le norme di legge sulla compensazione se non sussiste l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, e che in tal caso la valutazione delle reciproche pretese delle parti si risolve in un semplice accertamento contabile di dare ed avere, può essere pattiziamente derogato, non opponendosi a ciò alcuna norma di legge né i principi generali dell’ordinamento giuridico, ma tale deroga, quando è inserita in un contratto di agenzia con una Compagnia di assicurazioni, non può più ritenersi efficace successivamente alla risoluzione di diritto del contratto che si verifica a seguito della pubblicazione del decreto di sottoposizione dell’impresa a liquidazione coatta amministrativa (art. 6, L. n. 738 del 1978), tenendo conto in particolare che si tratta di clausola limitativa di diritti. (Fattispecie relativa a clausola che non consente all’agente di trattenere somme, e in particolare i premi incassati, neanche a compensazione di suoi crediti).
Cass. civ. n. 10447/1991
L’applicabilità delle disposizioni degli artt. 1241 e ss. c.c. (riguardanti l’ipotesi della compensazione in senso tecnico-giuridico) postula l’autonomia dei rapporti da cui nascono i contrapposti crediti delle parti e pertanto va esclusa allorché rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, occorrendo in tal caso procedere ad un semplice accertamento delle reciproche partite di dare e avere, che il giudice deve compiere, alla stregua degli atti, anche se non sia stata proposta specifica domanda riconvenzionale o eccezione di compensazione. Ne deriva che, ove l’unico rapporto sia rappresentato da un rapporto di agenzia caratterizzato da parasubordinazione, occorre prima determinare il saldo contabile, comprendendo nell’operazione tutte le partite di debito e credito derivanti dal rapporto stesso, e, solo ove risulti un credito residuale dell’agente (parasubordinato), il relativo importo deve essere rivalutato e maggiorato degli interessi legali secondo gli artt. 429, terzo comma, c.p.c. e 150 disp. att. stesso codice.
Cass. civ. n. 1905/1983
Le norme concernenti la compensazione – fra cui, in particolare, quella della non rilevabilità d’ufficio – riguardano l’ipotesi di compensazione in senso tecnico-giuridico, la quale postula l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, e non sono perciò applicabili quando i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto intercorso fra le stesse parti, risolvendosi in tal caso la valutazione delle reciproche pretese in un semplice accertamento contabile di dare ed avere. A tal fine, l’identità del rapporto non è esclusa dal fatto che uno dei due crediti sia di natura risarcitoria, derivando da inadempimento, e sia stato quantificato a seguito di apposito giudizio.
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