Art. 143 bis – Codice civile – Cognome della moglie
La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze [156 bis, 328].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 11032/2024
In tema di separazione personale dei coniugi, l'allontanamento dalla casa familiare, costituendo violazione del dovere di coabitazione, è motivo di addebito solo ove abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, non avendo invece rilievo in caso di preesistente intollerabilità della convivenza, anche per una sola persona della coppia, con conseguente declino dei reciproci diritti e doveri matrimoniali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato la domanda di addebito, dando rilievo ad una missiva in cui la moglie, prima del suo allontanamento dalla casa coniugale, aveva manifestato la volontà di separarsi).
Cass. civ. n. 654/2022
In tema di divorzio, la deroga alla perdita del cognome maritale è discrezionale e richiede la ricorrenza del presupposto dell'interesse meritevole di tutela per l'ex coniuge o per la prole, come si desume dalla disciplina dettato dall'art. 5, comma 3, della legge n 898 del 1970 in tema di divorzio. L'aggiunta del cognome maritale, ai sensi l'art. 143-bis cod. civ., deve ritenersi, infatti, un effetto del matrimonio circoscritto temporalmente alla perduranza del rapporto di coniugio. Ciò in quanto la possibilità di consentire con effetti di carattere giuridico-formali la conservazione del cognome del marito, accanto al proprio, dopo il divorzio, non può coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica, ma deve essere giustificata da esigenze eccezionali, quale l'interesse dei figli.(Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che non sussiste l'interesse dell'ex coniuge a conservare il cognome del marito sulla base del semplice fatto che detto cognome fosse divenuto parte integrante dell'identità personale sociale e di vita di relazione della ricorrente).
In tema di divorzio, l'autorizzazione alla donna di conservare il cognome del marito accanto al proprio costituisce una eventualità straordinaria, affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito, da compiersi secondo criteri di valutazione propri di una clausola generale, che non possono coincidere con il solo desiderio di conservare, quale tratto identitario, il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa, non potendo neppure escludersi che il perdurante uso del cognome del marito possa costituire un pregiudizio per quest'ultimo, ove intenda ricreare, esercitando un diritto fondamentale, un nuovo nucleo familiare riconoscibile socialmente e giuridicamente come legame attuale.
Cass. civ. n. 3454/2020
La valutazione della ricorrenza delle circostanze eccezionali che consentono l'autorizzazione all'utilizzo del cognome del marito è rimessa al Giudice del merito, giacché, di regola, non è ammissibile conservare il cognome del marito dopo la pronuncia di divorzio, salvo che il giudice del merito, con provvedimento motivato e nell'esercizio di poteri discrezionali, non disponga diversamente.