Art. 6 – Codice civile – Diritto al nome
Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito.
Nel nome si comprendono il prenome e il cognome.
Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 34658/2022
In tema di tutela del "diritto all'oblio", e in conformità al diritto dell'Unione europea, il Garante per la protezione dei dati personali, ed anche il giudice investito della questione, possono ordinare al gestore di un motore di ricerca di effettuare la deindicizzazione su tutte le versioni, anche extraeuropee, di determinati URL dal menzionato motore, previo bilanciamento del diritto della persona interessata alla tutela della vita privata e alla protezione dei suoi dati personali con il diritto alla libertà d'informazione, da operarsi secondo gli standard di protezione dell'ordinamento italiano.
Cass. civ. n. 34090/2021
In tema di diritto al nome, la persona fisica ha sempre titolo di rivendicare per sé il cognome con il quale è stata individuata e iscritta dai propri genitori negli atti dello stato civile, senza che quello del coniuge, acquisito in sostituzione del proprio a seguito di matrimonio contratto all'estero, anche se utilizzato in molteplici contesti, possa costituire un fatto causativo del suo indebolimento o della sua perdita, restando l'assolutezza di tale diritto un tratto ineliminabile dello stesso.
Cass. civ. n. 3877/2020
Il riconoscimento del primario diritto all'identità sessuale, sotteso alla disposta rettificazione dell'attribuzione di sesso, rende conseguenziale la rettificazione del prenome, che non va necessariamente convertito nel genere scaturente dalla rettificazione, dovendo il giudice tenere conto del nuovo prenome, indicato dalla persona, pur se del tutto diverso dal prenome precedente, ove tale indicazione sia legittima e conforme al nuovo stato. (Nella specie, la Corte d'appello aveva negato il diritto alla rettifica del prenome "Alessandro" in "Alexandra" ritenendo che necessariamente dovesse essere modificato nel corrispondente di genere "Alessandra"). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO TORINO, 28/03/2018)
Cass. civ. n. 23691/2015
In caso di cessazione degli effetti civili di un matrimonio contratto all'estero da due cittadini stranieri, il diritto della moglie di utilizzare l'esclusivo cognome del marito, acquisito, con il consenso di quest'ultimo, al momento dell'assunzione del vincolo, va delibato sulla base dei criteri di collegamento indicati dalla Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980, resa esecutiva in Italia con la legge n. 950 del 1984, per la quale i cognomi ed i nomi di una persona vengono determinati dalla legge dello Stato di cui è titolare il cittadino (nella specie, l'ordinamento svedese), non assumendo alcun rilievo che la cessazione del rapporto coniugale sia stata dichiarata e regolata dalla legge di un altro Stato (nella specie, quella italiana). (Rigetta, App. Trieste, 17/04/2013)
Cass. civ. n. 20385/2012
L'imposizione del prenome "Andrea" ad una neonata non viola il disposto dell'art. 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, che vieta l'uso di nomi ridicoli o vergognosi, non potendo, detto prenome, per la sua peculiarità lessicale, così ritenersi ove attribuito ad una persona di sesso femminile ed essendo, altresì, rispettoso del dettato dell'art. 35 del d.P.R. richiamato, che impone la corrispondenza del nome al sesso, posto che il prenome "Andrea" ha natura sessualmente neutra, essendo utilizzato, nella maggior parte dei paesi europei ed extraeuropei, per soggetti femminili e maschili indifferentemente, e, pertanto, non è produttivo di alcuna ambiguità. (Cassa e decide nel merito, App. Firenze, 03/08/2010)
Cass. civ. n. 25452/2008
La scelta dei genitori di attribuire un nome comune al figlio viola il divieto di imposizione di nomi ridicoli o vergognosi ai sensi dell'art. 34, comma 1, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, qualora sia idonea a creare situazioni discriminanti o difficoltà di inserimento della persona nel contesto sociale (nella specie, la S.C. non è entrata nel merito per un vizio di procedura, ed ha confermato la sentenza d'appello in base alla quale il nome Venerdì imposto al neonato dai genitori è stato rettificato in Gregorio, nome del santo del giorno in cui è nato).
Cass. civ. n. 23934/2008
La domanda di rettifica dell'atto di nascita, tesa all'attribuzione del cognome materno per comune volontà dei genitori, implicando la scelta tra l'ammettere o l'escludere la possibilità di deroga alla norma di sistema che l'attuale quadro normativo pone a previsione dell'attribuzione automatica del cognome paterno, rende opportuna la rimessione degli atti al Primo Presidente affinché valuti se, alla luce della mutata situazione della giurisprudenza costituzionale e del probabile mutamento delle norme comunitarie, possa adottarsene un'interpretazione costituzionalmente orientata o, se tale soluzione sia ritenuta esorbitante dai limiti dell'attività interpretativa, la questione possa essere rimessa alla Corte costituzionale.
Cass. civ. n. 2751/2008
Qualora la filiazione naturale nei confronti del padre sia stata accertata o riconosciuta in tempi diversi rispetto al riconoscimento da parte della madre, il cognome paterno può essere aggiunto o sostituito a quello della madre se ciò corrisponda all’esclusivo interesse del minore.
Corte cost. n. 348/2007
Lo scrutinio di costituzionalità sulla norme CEDU non può limitarsi alla possibile lesione dei principi e dei diritti fondamentali o dei principi supremi, ma si estende ad ogni profilo di contrasto tra le "norme interposte" e quelle costituzionali. Nell'ipotesi di una norma della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo che risulti in contrasto - insanabile in via interpretativa - con una norma costituzionale, la Corte ha il dovere di dichiarare l'inidoneità della stessa ad integrare il parametro costituzionale provvedendo, nei modi rituali, ad espungerla dall'ordinamento giuridico italiano.
Cass. civ. n. 16989/2007
Per l'attribuzione del cognome paterno in aggiunta a quello materno al figlio naturale, già riconosciuto dalla madre, il giudice deve accertare se l'esigenza che il minore mantenga, con la conservazione del cognome materno, l'identità, acquisita nell'ambiente in cui si svolge la sua vita di relazione, venga soddisfatta e verificare se l'aggiunta a tale cognome di quello paterno possa recargli pregiudizio, che non potrebbe comunque verificarsi, per il caso di assenza di comportamenti negativi del padre di tale gravità da renderlo inidoneo ad assumere il ruolo genitoriale, anche tenuto conto dell'auspicabile evoluzione positiva del rapporto tra padre e figlio, per effetto dell'assunzione del cognome paterno.
Cass. civ. n. 15953/2007
Qualora venga dichiarata giudizialmente la paternità naturale nei confronti di un figlio minore in precedenza già riconosciuto dalla madre, l'ultimo comma dell'art. 262 c.c. demanda al giudice la decisione circa le modalità di assunzione del cognome paterno, che può essere aggiunto o anche sostituito a quello materno. Tale decisione — da maturare nell'esclusivo interesse del minore, tenendo conto della natura inviolabile del diritto al cognome, tutelato ai sensi dell'art. 2 Cost. — è incensurabile in cassazione se adeguatamente motivata.
Cass. civ. n. 16093/2006
L'attribuzione al figlio del cognome paterno è espressione di una norma che, seppur non scritta, appare desumibile dall’attuale sistema giuridico, in quanto presupposta da una serie di disposizioni regolatrici di fattispecie diverse. Tale norma, seppur retaggio di una superata concezione patriarcale della famiglia, e seppur non in sintonia con le fonti sovranazionali, deve ritenersi tutt’ora vigente ed operante almeno sintanto che il legislatore non provveda a ridisegnarla in senso costituzionalmente adeguato.
Cass. civ. n. 12641/2006
In sede di applicazione delle disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell'art. 262 c.c., disciplinanti l'ipotesi in cui la filiazione nei confronti del padre sia stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, occorre muovere dal presupposto che il diritto al nome costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun individuo, avente copertura costituzionale assoluta, sicché il giudice deve avere riguardo al modo più conveniente di individuare il minore in relazione all'ambiente in cui è cresciuto fino al momento del riconoscimento da parte del padre, prescindendo, anche a tutela dell'eguaglianza fra i genitori, da qualsiasi meccanismo di automatica attribuzione del cognome. Oltre che nei casi in cui ne possa derivare danno all'interessato, l'assunzione del patronimico non dovrà, quindi, essere disposta allorquando precludere il diritto di mantenere il cognome materno, ormai naturalmente associato al minore dal contesto sociale in cui egli si trova a vivere, si risolverebbe in un'ingiusta privazione di un elemento della sua personalità, tradizionalmente definito come il diritto «a essere se stessi». Il provvedimento deve, in definitiva, tutelare l'interesse del figlio minore non ad avere un'apparenza di filiazione regolare, ma a conservare il cognome originario se questo sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale in una determinata comunità.
Il cognome nel nostro ordinamento giuridico non svolge solo una funzione pubblicistica, volta ad offrire una tutela della famiglia consentendo ai suoi membri di essere identificati come appartenenti a un determinato nucleo familiare, ma assolve anche ad una fondamentale funzione di natura privatistica, quale strumento identificativo della persona. Nel caso di filiazione naturale, non essendovi una famiglia legittima da tutelare, il cognome del figlio assolve principalmente alla funzione privatistica, in virtù della quale il cognome è una componente dell'inviolabile diritto di ciascun uomo ad avere una propria identità personale (artt. 2 e 22 Cost.). Pertanto il giudice, chiamato a valutare l'interesse del minore preventivamente riconosciuto dalla madre a vedersi attribuito il patronimico a seguito del successivo riconoscimento paterno, dovrà impedire il mutamento del cognome non solo nei casi in cui la cattiva reputazione del genitore possa comportare un pregiudizio al minore, ma anche nel caso in cui il matronimico sia assurto ad autonomo segno distintivo della di lui identità personale.
Cass. civ. n. 13298/2004
È rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 2, 3 e 29, comma 2, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 143-bis, 236, 237, comma 2, 262, 299 comma 3 c.c., 33 e 34 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, nella parte in cui prevedono che il figlio legittimo acquisti automaticamente il cognome del padre anche quando vi sia in proposito una diversa volontà dei coniugi, legittimamente manifestata.
Corte cost. n. 350/2002
È manifestamente inammissibile la q.l.c. del combinato disposto degli art. 35, 27 e 28 l. 4 maggio 1983 n. 184 - nel testo modificato dalla l. 28 marzo 2001 n. 149 - censurato, in riferimento agli art. 2, 3, 10 e 11 cost., nella parte in cui, per l'adozione di minori stranieri, prevedendo l'automatica attribuzione all'adottato del solo cognome degli adottanti, non consente che il tribunale possa stabilire che il minore conservi anche il cognome originario, in quanto il remittente, investito della domanda del p.m. volta alla formazione di un atto di stato civile, non deve fare in alcun modo applicazione delle disposizioni censurate, essendo esse già state considerate dal competente tribunale per i minorenni, sicché la questione risulta priva di rilevanza nel giudizio "a quo".
Corte cost. n. 268/2002
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 L. n. 184 del 1983, nella parte in cui, rinviando all'art. 299 c.c. per l'attribuzione del cognome al minore adottato in casi particolari, non consente che il minore, o suoi legali rappresentanti, o gli adottanti possano ottenere, sempre nell'interesse del minore, che questi mantenga il suo precedente cognome, anteponendolo o aggiungendolo a quello dell'adottante, o sostituisca il cognome di quest'ultimo al suo, in riferimento agli art. 2, 3, 2° comma, 30, 3° comma, e 31, 2° comma, Cost.
Corte cost. n. 120/2001
Non è fondata, in riferimento agli art. 2, 3 e 30 cost., la q.l.c. dell'art. 299 comma 1 c.c., nella parte in cui dispone che l'adottato anteponga il cognome dell'adottante al proprio.