18 Ott Siti di bonifica di interesse nazionale e sottoprodotto in tema di biomasse: gli effetti della legge “crescitalia”
Con la legge n. 134/2012, di conversione del DL. n. 83/2012 cd. crescitalia, il legislatore ha dato corso agli interventi a valenza in tema di “ricognizione” e “riperimetrazione” dei siti di bonifica di interesse nazionale c.d. SIN, di procedimento da adottare e sull’individuazione delle condizioni per qualificare come sottoprodotto il residuo del processo di digestione anaerobica di biomasse per la produzione di energia c.d. digestato.
La costante emorragia del settore industriale e le recenti vicende giudiziarie che hanno coinvolto alcuni siti di bonifica di interesse nazionale sono le ragioni che hanno spinto l’intervento del legislatore in tema di SIN.
Ed invero, la prima novità normativa riguarda l’inserimento nell’art. 252, D.Lgs. n. 152/2006 di ulteriori principi e criteri necessari per qualificare un SIN come tale. Secondo la norma in esame ai criteri già esistenti si aggiungono i seguenti:
- l’insistenza, attualmente o in passato, di attività di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie;
- in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attività produttive ed estrattive di amianto.
per effetto dei quali entro il 10 dicembre 2012 il Ministero dell’Ambiente procederà con decreto alla “ricognizione dei siti attualmente classificati di interesse nazionale che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 252, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo “, nonché all’eventuale ampliamento dell’area di competenza territoriale della regione su istanza di quella interessata. Tuttavia, l’attività del Ministro non sarà privo di ostacoli poiché dovrà tenere conto gli interventi già realizzati nonché dovrà coordinare quelli nuovi laddove coinvolgano aree che potrebbero trovarsi sotto diverse competenze.
In aggiunta alla “ricognizione” ed alla “riperimetrazione”, la legge in esame contiene disposizioni che incidono direttamente sul procedimento da seguire nei SIN.
In particolare, secondo il modificato art. 252 comma 4, il Ministero “adotta procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti” omettendo, tuttavia, un espresso richiamo alle procedure già esistenti previste dall’art. 249, D.Lgs. n. 152/2006 il quale per le “aree contaminate di ridotte dimensioni” dispone l’applicazione delle procedure semplificate descritte nell’Allegato 4, parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 laddove si intendono per “siti di ridotte dimensioni” proprio “la rete di distribuzione carburanti”, così come gli “eventi accidentali che interessino aree circoscritte, anche nell’ambito di siti industriali, di superficie non superiore a 1.000 metri quadrati”. Tale apparente omissione normativa sembra indurci a ritenere che il legislatore abbia voluto rimarcare la necessita di applicare le procedure semplificate di cui all’Allegato 4 anche nel caso in cui i punti vendita carburanti rientranti nel perimetro di un SIN oppure concedere al Ministero, per questa particolare fattispecie, l’adozione di procedure semplificate “nuove” e “diverse” da quelle esistenti. La prima interpretazione, a tenore dello scrivente appare più ragionevole, mentre la seconda non convince considerato che il legislatore non ha indicato, come ha fatto per la “ricognizione”, né il termine entro cui devono essere individuate le nuove procedure e né lo strumento legislativo con il quale introdurle nell’ordinamento.
La legge di conversione, al fine di incentivare la ripresa industriale, interviene altresì con la modifica dell’art. 57, comma 9, D.L. n. 5/2012, convertito con legge n. 35/2012, ed estende il proprio ambito di applicazione sia a tutti i siti in bonifica, anche non rientranti nei SIN, che ai casi di “chiusura di impianti di raffinazione e loro trasformazione in depositi”.
La portata innovativa della legge in commento prosegue con l’intento di risolvere i dubbi in tema di qualificazione e impiego del residuo del processo di digestione anaerobica di biomasse per la produzione di energia c.d. digestato il quale, poiché residuo di un processo produttivo, può essere qualificato come “rifiuto” – laddove il produttore intenda disfarsene – ovvero “sottoprodotto” ove rispetti i requisiti di cui all’art. 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006.
Ed invero, in forza dell’art. 52, comma 2 bis, della legge in commento il digestato è stato qualificato come sottoprodotto ove ricorrano le seguenti condizioni:
- la digestione anaerobica, eventualmente associata ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, deve essere effettuata “in impianti aziendali o interaziendali”;
- deve riguardare “effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui della trasformazione o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall’agroindustria “;
- le sostanze di cui sopra devono essere conferite all’impianto quali sottoprodotti”anche se miscelati tra loro”;
- il digestato deve essere utilizzato per “fini agronomici”.
Ciò nonostante, è bene rilevare che le suddette quattro condizioni hanno carattere generale e vanno verificate caso per caso tanto che, per ridurre i margini di incertezza, è stata re prevista la possibilità di adottare con decreti ministeriali “misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze od oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti “. Inoltre, la legge in commento tralascia per il digestato l’intervento su particolari condizioni di cui al comma 1 dell’art. 184 bis poiché l’art. 52 nulla dispone in merito ai trattamenti che non debbono essere diversi dalla normale pratica industriale ed in ordine all’assenza di impatti negativi per l’ambiente.