05 Feb La riforma forense e gli effetti sui compensi
In data 2 febbraio 2013 è entrata in vigore la legge di riforma dell’ordinamento forense (L. 31 dicembre 2012 n. 247).
Tra le tante novità presenti questa breve analisi pone l’accento sulle modalità per la determinazione del compenso dovuto per l’attività professionale svolta dall’avvocato.
I principi di riforma emanati si innestano a cuneo con il sistema previgente ed al fine di comprenderne la portata e le relative sfumature qui di seguito riporto un breve cenno al sistema previgente.
Come è noto a tutti, storicamente la deteminazione del compenso avveniva sulla base dell’art. 2233 c.c. in tandem con i principi contenuti nella legge professionale del 1936. L’impianto prevedeva per la determinazione del compenso un criterio gerachico che partiva dall’eventuale accordo tra le parti ed in via subordinata e sussidiaria richiamava le tariffe dai minimi inderogabili (D.M. n. 127/2004) o gli usi ovvero la determinazione giudiziale e vietava il patto di quota lite.
Successivamente, per rispondere alle spinte di liberalizzazioni provenienti dall’Europa è stata promulgata la legge 248 del 2006 (c.d. legge Bersani) per effetto della quale sono state apportate le prime sostanziali modifiche al sistema tariffario. Infatti, è stato eliminato il principio dell’inderogabilità dei minimi tariffari e introdotta la stipula del patto di quota lite da redigersi in forma scritta a pena di nullità.
Ulteriore spinta innovativa è giunta dalla legge n. 27/2012 di conversione del D.L. 1/2012 per effetto della quale la nostra classe professionale ha visto definitivamente abrogato il “sistema tariffario professionale” ed ha registro la necessità di determinare il compenso per le prestazioni professionali al momento del conferimento dell’incarico nei modi e termini previsti dal combitano disposto del suddetto art. 2233 c.c. e dell’art. 9 della legge n. 27/2012, in mancanza della quale tale determinizaione era rimessa alla valutazione del giudice vincolata all’applicazione dei predetti parametri ministeriali.
Dunque, prima dell’entrata in vigore della novella in commento il nuovo criterio per la determinazione dei nostri compensi era il seguente:
a. accordo con il cliente in forma scritta obbligatoria;
b. liquidazione da parte del giudice.
Cosa cambia con la riforma forense?
Il nostro legislatore con la legge n. 247/2012 ha dapprima confermato i principi di cui all’art. 2233 c.c. – già riformulati dalla legge n. 27/2012 – ed ha introdotto con l’art. 13 la disciplina del conferimento dell’incarico e le modalità di determinazione del compenso con l’implicito effetto di derogare alle disposizioni ancora vigenti della legge n. 27/2012.
Nel dettaglio si evience che in tema di determinazione del compenso questi deve essere pattuito in forma scritta ed all’atto del conferimento dell’incarico professionale ai sensi e per gli effetti dell’art. 2223, comma 3 c.c. al fine di evitare ab origine l’insorgenza di questioni controverse ed il ricorso alla determinazione giudiziale dei compensi (art. 13, comma 2 ).
In tale accordo, che configura un contratto d’opera professionale, il professionista dovrà indicare la misura del costo della prestazione distinguendo fra compenso professionale effettivo (ex onorario), gli oneri e le spese (art. 13, comma 5) in aggiunta agli altri obblighi informativi in attuazione del principio di trasparenza quali: il livello di complessità dell’incarico e le informazioni in merito agli oneri ulteriori ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico.
A ciò si aggiunga che qualora richiesto dal cliente, l’avvocato è tenuto a comunicare in forma scritta la misura del costo della prestazione in forza del combinato disposto fra l’art. 13 della legge in commento e l’art. 9 comma 4 della legge n. 27/2012.
Da ultimo, in merito al contenuto della pattuizione tra cliente ed avvocato, l’art. 13 ammette le seguenti tipologie di accordi:
– la pattuizione a tempo;
– in misura forfetaria;
– per convenzione avente ad oggetto uno o più affari;
– in base all’assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione;
– per singole fasi o prestazioni o per l’intera attività;
– a percentuale sul valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale.