Regolamento condominiale: il divieto di “casa di alloggio” include il B&B
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2770 del 4 febbraio 2024, è nuovamente intervenuta sulla questione della preclusione all’esercizio dell’attività di bed and breakfast all’interno di un condominio.
La pronuncia conferma l’orientamento espresso nei precedenti gradi di giudizio, secondo cui il divieto sussiste qualora il regolamento condominiale di natura contrattuale, contenga una clausola che vieta la destinazione degli appartamenti e degli altri locali interni a “casa di alloggio”. In tal caso, l’attività di bed and breakfast risulta preclusa in quanto rientrante nella tipologia di destinazione vietata.
Secondo la Suprema Corte, l’ammissibilità dell’attività di bed and breakfast in ambito condominiale deve essere valutata alla luce del principio secondo cui solo un regolamento di natura contrattuale può imporre limitazioni ai diritti dominicali dei singoli condomini. In assenza di tale natura contrattuale, un regolamento condominiale non può imporre restrizioni alla destinazione d’uso delle unità immobiliari in deroga al principio generale della libera utilizzazione del bene.
La giurisprudenza di legittimità, tuttavia, non è univoca sul punto. Alcune pronunce della stessa Corte hanno escluso che un divieto di destinazione d’uso diverso da quello abitativo, contenuto in un regolamento contrattuale, possa impedire l’esercizio di un’attività di bed and breakfast. La questione si pone, dunque, in termini interpretativi, con particolare riferimento ai limiti che l’autonomia privata può imporre sull’uso delle unità immobiliari nei condomini.
Quanto alla riconducibilità dell’attività di bed and breakfast nell’ambito delle destinazioni vietate, i Giudici dell’ermellino hanno già affrontato il tema con la sentenza n. 109/2016 con la quale hanno affermato che il divieto di “concedere in affitto camere vuote o ammobiliate” deve ritenersi applicabile anche agli affittacamere e alle strutture ricettive di tipo extralberghiero. Tale interpretazione è in linea con precedenti pronunce che hanno riconosciuto l’affinità ontologica tra l’attività di affittacamere, quella alberghiera e quella di bed and breakfast (Cass. n. 704/2015; Cass. n. 26087/2010).
Di contro, un diverso orientamento sostiene che l’esercizio di attività ricettive di tipo extralberghiero non comporti una modifica della destinazione d’uso dell’immobile. Secondo tale interpretazione, il divieto di destinare le unità immobiliari a un uso diverso da quello abitativo non escluderebbe la possibilità di svolgere l’attività di bed and breakfast, ritenuta compatibile con la destinazione residenziale. La Cassazione ha avvalorato questa tesi con la sentenza n. 24707/2014, escludendo un’interpretazione estensiva delle clausole regolamentari che riservino l’uso delle unità immobiliari ai soli proprietari, ai loro congiunti o ai professionisti. A tale impostazione aderisce anche la sentenza n. 22711/2017, secondo cui il divieto di destinazione a uso diverso da civile abitazione non può precludere la possibilità di concedere l’immobile in locazione per brevi periodi, qualora tale attività non assuma le caratteristiche di una struttura alberghiera.
Dall’analisi della giurisprudenza emerge, pertanto, un contrasto interpretativo in ordine alla nozione di destinazione abitativa e alla possibilità di applicare limitazioni all’attività di bed and breakfast in ambito condominiale. Al fine di prevenire eventuali controversie, è opportuno che i condomini, qualora vi sia unanime consenso, adottino regolamenti che prevedano espressamente limitazioni e divieti in materia.
- natura contrattuale, quando tutte le disposizioni contenute impongono limiti ai diritti dei condomini sulle unità esclusive o comuni;
- natura regolamentare, quando si limita a disciplinare l’uso delle parti comuni;
- natura mista, qualora presenti sia clausole contrattuali che disposizioni di tipo regolamentare.
La Corte di Cassazione ha precisato che le clausole del regolamento condominiale predisposto dal costruttore e allegato ai contratti di compravendita delle singole unità immobiliari assumono natura contrattuale esclusivamente quando impongono limitazioni ai diritti dominicali dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, ovvero attribuiscono a taluni condomini maggiori diritti rispetto agli altri. Viceversa, le disposizioni che si limitano a regolamentare l’uso delle parti comuni rientrano nella categoria delle norme regolamentari e non contrattuali (Cass. n. 23582/2023).
Pronunce precedenti
Cass. n. 23582/2023, Cass. n. 24526/2022, Cass. n. 22711/2017, Cass. n. 24707/2014, Cass. n. 109/2016, Cass. n. 704/2015, Cass. n. 26087/2010 e Cass. n. 1195/1987