06 Giu Processo Eternit: la sentenza della Corte di Appello di Torino, 18 anni a Schmidheiny
Bisognerà attendere il deposito delle motivazioni della sentenza – attese fra 90 giorni – per conoscere appieno le ragioni che hanno portato la Corte di Appello di Torino a confermare ed anzi, riformare aggravando le pene, la sentenza emessa nell’ambito del processo Eternit.
Gli imputati – Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier de Marchienne – erano stati tratti a giudizio per rispondere di due delitti dolosi, ovvero “rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro” (art. 437 cp) e “crollo di costruzioni o altri disastri dolosi” (art. 434 cp) e condannati in primo grado alla pena di sedici anni di reclusione ciascuno, oltre alla rifusione delle spese del processo e ad un ingente risarcimento alle parti civili costituite.
Già all’esito del primo grado di giudizio era emersa la portata storica della sentenza che, dopo la pronuncia della Corte d’Appello di Torino, appare oggi ancora maggiore, considerato che la pena nei confronti di Stephan Schmidheiny è stata rideterminata in diciotto anni di reclusione (il barone de Cartier è infatti deceduto poche settimane fa con conseguente declaratoria di non doversi procedere per sopravvenuta morte dell’imputato) e ciò con riferimento al solo reato di disastro doloso, essendosi estinto per intervenuta prescrizione il contestato reato di omissione dolosa di cautele antinfortunistiche.
L’aumento della pena consegue anche dall’aver la Corte di Appello esteso la penale responsabilità di Schmidheiny anche con riferimento agli stabilimenti di Bagnoli e Rubiera, esclusa in primo grado per intervenuta prescrizione.
Oltre alla conferma delle pene accessorie (salvo quella relativa all’incapacità di contrattare con la PA) e della condanna al pagamento delle spese processuali, la Corte ha confermato e, in alcuni casi, aumentato notevolmente l’entità dei risarcimenti dovuti alle parti civili, condannando l’imputato al pagamento di ingenti provvisionali immediatamente esecutive (30 milioni di euro al solo Comune di Casale Monferrato) demandando poi al giudice civile la liquidazione delle stesse.
In ogni caso, non appena verranno rese note le motivazioni della sentenza sarà opportuno – quanto necessario – leggerle con attenzione e ciò, si ritiene, per almeno due ragioni: da un lato, al fine di verificare se e in quale misura sanzioni tanto severe trovino giustificazione negli atti processuali, dall’altro, per trarre dalla sentenza gli opportuni insegnamenti procedurali in materia di sicurezza sul lavoro, insegnamenti che le imprese devono sempre tener presenti per evitare tanto di produrre danni a terzi quanto di rischiare sanzioni molto pesanti.