27 Dic No all’obbligo di motivazione per studi di settore inadeguato qualora congruo e coerente
Commento all’art. 23, comma 28, lett. d) che modifica l’art. 10 della L. n. 146/1998 in tema di modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento abrogando il seguente periodo del comma 4-bis:
“In caso di rettifica, nella motivazione dell’atto devono essere evidenziate le ragioni che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente”
L’art. 10, comma 4-bis, della legge n. 146/1998 prevede che, in presenza di alcune condizioni espressamente disciplinate, nei confronti dei contribuenti che risultano congrui non possono essere effettuate le rettifiche di cui all’art. 39, comma 1, lett. d), secondo periodo, del DPR n. 600/1973 (accertamento analitico – induttivo tramite presunzioni gravi, precise e concordanti).
In particolare, devono sussistere due condizioni al ricorrere delle quali l’Amministrazione finanziaria, in presenza di situazioni di congruità, non può utilizzare l’accertamento di tipo analitico-induttivo:
a) l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo presuntivo, deve essere pari o inferiore al 40% dell’ammontare dei ricavi/compensi dichiarati;
b) il valore assoluto delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo presuntivo, deve essere pari o inferiore a Euro 50.000,00.
Quindi, qualora venga meno una delle predette condizioni, l’Amministrazione finanziaria rimane libera di eseguire gli accertamenti presuntivi ai sensi delle norme testè richiamate.
Nel caso in cui il contribuente si sia reso responsabile delle violazioni di cui agli artt. 1, comma 2-bis, del d.lgs. n. 471/1997; 5, comma 2-bis, del d. lgs. n. 471/1997; 32, comma 2-bis, del d. lgs. n. 446/1997 si prescinde da queste soglie ai fini dell’applicazione dell’accertamento analitico-induttivo.
Si tratta delle violazioni consistenti nella omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e nella indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi non corrispondenti al vero. Inoltre, ai fini della irrogazione delle predette sanzioni, il reddito determinato attraverso la corretta applicazione degli studi di settore deve superare il reddito dichiarato per almeno il 10%.
Ciò che il legislatore della manovra ha modificato riguarda il profilo motivazionale dell’atto di accertamento che incide sulla sfera giuridica di un contribuente congruo e coerente. Si è agito infatti sul disposto del comma 4-bis dell’art. 10 della legge n. 146/1998 sopprimendo il seguente periodo: “In caso di rettifica, nella motivazione dell’atto devono essere evidenziate le ragioni che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente”.
Si tratta di una disposizione che imponeva all’Ufficio, a pena di nullità dell’atto di accertamento, di motivare la non adeguatezza degli studi di settore a rappresentare la situazione reddituale del contribuente.
L’intervento attuato con la Manovra correttiva si rivela particolarmente significativo. In primo luogo, esso stride con l’indirizzo generale manifestato dall’art. 23, comma 28, del d.l. n. 98/2011, ossia la valorizzazione e il vigoroso rafforzamento dell’accertamento fondato sui risultati da studi di settore.
L’effetto a cui giunge il legislatore con l’intervento soppressivo in oggetto è quello di snaturare la ratio di tax-compliance insita nelle limitazioni recate dall’art. 10, comma 4-bis, della legge n. 146/1998. Quest’ultima disposizione è infatti orientata a spingere i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo a garantire, già in sede dichiarativa, il raggiungimento della soglia di congruità, assicurando loro una sorta di immunità dal potere di accertamento.
Con l’eliminazione dell’obbligo di motivazione della inadeguatezza degli studi di settore in presenza di livelli di congruità e coerenza, al contrario, si recide uno dei paletti posti a presidio dei risultati degli studi di settore. Quest’ultimi vengono di fatto depotenziati nella loro valenza di elementi in grado di “vincolare” contribuente da un lato e Amministrazione finanziaria dall’altro. L’organo accertatore potrà infatti disconoscere i risultati degli studi di settore, risultati su cui il contribuente ha posto affidamento, senza dare in nessun modo conto del perché i risultati stessi non sono in grado di rappresentare in maniera corretta la situazione reddituale del contribuente.
In secondo luogo, si elimina una delle garanzie poste a presidio del contribuente. Lo stesso infatti, sebbene si sia allineato agli studi di settore, potrà subire una rettifica (naturalmente nel rispetto delle altre condizioni di tipo quantitativo di cui si à già detto senza tuttavia che possa conoscere le ragioni alla base della non credibilità degli studi. Ciò rappresenta una evidente lesione a carico dei diritti del contribuente se si pensa che lo studio di settore ha anche valenza pre-accertativa, inducendo il contribuente a fare affidamento sui risultati dello stesso al fine di evitare un accertamento in rettifica. L’adempimento spontaneo e l’affidamento del contribuente sulla esatta consistenza dei ricavi imponibili vengono quindi indeboliti ancora una volta per rendere più agevoli le operazioni di accertamento dell’Amministrazione finanziaria.