14 Mag Cassazione civile Sez. I sentenza n. 12880 del 26 maggio 2010
Testo massima n. 1
In tema di contratti degli enti pubblici territoriali, l’art. 23, comma 3, del d.l. 28 aprile 1989, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, subordinando la validità del contratto all’esistenza di una deliberazione autorizzativa assunta nelle forme previste dalla legge e del relativo impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, ha sostanzialmente riprodotto il contenuto della normativa precedente, di cui al combinato disposto degli artt. 284 e 288 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383, mentre il successivo comma 4 ha innovato tale disciplina, prevedendo la responsabilità dell’amministratore dell’ente territoriale nell’ipotesi di acquisizione di opere, beni o servizi in violazione del predetto divieto; pertanto, mentre prima dell’entrata in vigore del menzionato comma 4, il soggetto che aveva effettuato la prestazione poteva esperire nei confronti della P.A., che ne avesse riconosciuto l”‘utilitas”, l’azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c., nella vigenza del citato comma 4 tale azione non è più proponibile, in quanto, avendo carattere sussidiario, essa resta esclusa dalla proponibilità dell’azione nei confronti dell’amministratore o del funzionario che ha consentito l’acquisizione della prestazione. Ne consegue che, nel caso in cui il contratto invalido sia stato stipulato sotto la vigenza del cd. n. 383 del 1934, ma la prestazione sia stata eseguita dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 66 del 1989, deve escludersi la esperibilità dell’azione ex art. 2041 nei confronti dell’ente territoriale, in quanto, avendo avuto luogo l’acquisizione della prestazione sotto la vigenza della nuova disciplina, il contraente dispone dell’azione diretta nei confronti degli amministratori.
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