Cass. civ. n. 7180 del 30 maggio 2000
Testo massima n. 1
Ai fini dell'opponibilità al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali, il requisito dell'avere «intenzionalmente agito a danno della società» previsto dall'art. 2384 c.c. non solo non esclude, ma anzi presuppone quello della conoscenza, del terzo, del superamento, da parte dell'amministratore, dei limiti posti ai suoi poteri di rappresentanza.
Testo massima n. 2
L'obbligazione del direttore dei lavori è un obbligazione di mezzi, tuttavia ciò non significa che il suo incarico debba ritenersi limitato al riscontro della conformità dell'opera al progetto, giacché il direttore dei lavori, come l'appaltatore (e a maggior titolo, attesa la sua preparazione tecnica), è tenuto all'individuazione e alla correzione di eventuali carenze progettuali che impediscono quella «buona riuscita» del lavoro per la quale egli è tenuto ad adoperarsi. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che aveva ritenuto la responsabilità del direttore dei lavori per la mancata coibentazione dei pilastri di un edificio, con conseguente condensazione di umidità, all'interno degli appartamenti, benché tale accorgimento, non fosse previsto dal progetto).
Testo massima n. 3
Le limitazioni ai poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali risultanti dall'atto costitutivo o dallo statuto, anche se pubblicati, non sono opponibili ai terzi di buona fede, senza eccezione per quelle limitazioni derivanti da «conflitti interni», ossia dal difetto, inefficacia o invalidità della pregressa deliberazione di altro organo a tanto preposto, quando il potere degli amministratori sia subordinato all'avvenuto esercizio del potere deliberativo da parte di detto organo.