Cass. pen. n. 16574 del 3 maggio 2005
Testo massima n. 1
L'infermità mentale di cui agli artt. 88 e 89 c.p. è concetto più ampio rispetto a quello di «malattia mentale» potendo in essa rientrare anche i disturbi della personalità che per consistenza, rilevanza e gravità siano tali da incidere concretamente sulla capacità d'intendere e di volere, proponendosi, quindi, come causa idonea ad escluderla o grandemente scemarla. Al fine di non allargare eccessivamente il campo della non imputabilità, deve trattarsi di un disturbo idoneo a determinare (e che abbia, in effetti, determinato) una situazione di assetto psichico incontrollabile ed ingestibile (totalmente o in grave misura) che, incolpevolmente, rende l'agente incapace di esercitare il dovuto controllo dei propri atti, di conseguentemente indirizzarli, di percepire il disvalore sociale del fatto, di autonomamente e liberamente autodeterminarsi, e, inoltre, deve essere individuabile un nesso eziologico tra il disturbo mentale ed il fatto-reato che consenta di ritenere il secondo causalmente determinato dal primo.