14 Mag Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 2104 del 12 febbraio 2003
Testo massima n. 1
Il dolo che vizia la volontà e causa l’annullamento del contratto implica la conoscenza da parte dell’agente delle false rappresentazioni che si producono nella vittima ed il convincimento che sia possibile determinare con artifici, menzogne e raggiri, inducendola specificamente in inganno, la volontà altrui; pertanto la reticenza e il silenzio non bastano a costituire il dolo se non in rapporto alle circostanze e al complesso del contegno che determina l’errore del deceptus, che devono essere tali da configurarsi quale malizia o astuzia volta a realizzare l’inganno perseguito. [ Nella specie la S.C. ha confermato, in quanto immune da vizi di motivazione, la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il recesso del datore di lavoro dal contratto di formazione e lavoro per sopravvenuto accertamento di inidoneità alle mansioni, ma aveva escluso la sussistenza del dolo nel comportamento di un lavoratore, successivamente riconosciuto invalido, che aveva reso noto all’inizio della procedura di assunzione di essere stato esonerato dal servizio militare per un incidente, tacendo di aver presentato una domanda per il riconoscimento di invalidità civile ].
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Testo massima n. 2
Poiché le cause di annullamento del contratto per vizio della volontà concretano fattispecie distinte, da cui scaturiscono autonome azioni di impugnativa negoziale, si ha mutamento della causa petendi, con conseguente formulazione di una domanda nuova, preclusa in appello nel processo del lavoro, allorquando, domandato inizialmente l’annullamento di un contratto sulla base del dolo, si formuli domanda fondata sull’errore, introducendo un nuovo tema di indagine e di decisione.
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