Cass. pen. n. 6359 del 23 giugno 1993

Testo massima n. 1


Se è vero che nel processo penale, incombendo sull'organo dell'accusa l'onere di provare la colpevolezza dell'imputato e non richiedendosi a questo di fornire prova della sua innocenza, non è consentita l'attribuzione di valore pregiudizievole all'incolpato alla assenza di un alibi o alla sua incertezza probatoria per il momento dell'illecito che gli si contesta, è innegabile che un alibi falso o mendace appare sintomatico del tentativo, da parte dello stesso incolpato, di sottrarsi all'accertamento della verità, sicché di esso il giudice deve tener conto quale elemento indiziante ed unitamente a tutti gli altri acquisiti, valutandolo nel suo prudente apprezzamento per la formazione del giudizio finale in ordine alla penale responsabilità di colui che lo adduca. Siffatto principio esplica la sua efficacia nel giudizio di cognizione, ma conserva validità anche in quello di revisione nell'ipotesi in cui tra i nuovi elementi offerti a dimostrazione della ingiustizia della sentenza di condanna sia un alibi la cui esistenza si assuma solo successivamente accertata.

Normativa correlata