Cass. pen. n. 4116 del 2 maggio 1983
Testo massima n. 1
Il delitto di falso in scrittura privata, previsto dall'art. 485 c.p., richiede per la sua consumazione non soltanto l'attività di formazione di una falsa scrittura o di alterazione di una scrittura vera, ma anche il successivo uso della scrittura falsificata. Ne deriva che persona offesa non è solo colui il cui interesse all'autenticità della scrittura è già configurabile prima dell'uso e cioè nel momento della contraffazione o della alterazione della scrittura, qual è ad esempio, il caso del titolare della firma falsificata, ma anche chi, pur non essendo l'autore apparente del documento o una delle parti da cui proviene la scrittura alterata, risulta titolare di un interesse che riceve pregiudizio attraverso l'uso del documento.
Testo massima n. 2
Nell'ipotesi di falso in scrittura privata commessa da un dipendente pubblico il quale, al fine di procurare a terzi l'aggiudicazione di una fornitura, abbia falsificato delle offerte facendone uso nell'espletamento della gara, l'ente pubblico non è semplice danneggiato ma persona offesa dal reato, quale titolare dell'interesse, penalmente protetto, all'autenticità delle offerte dei concorrenti, da cui dipende la regolarità della gara; pertanto, è legittimato ad esercitare il diritto di querela.