Cass. civ. n. 13165 del 8 giugno 2009

Testo massima n. 1


Nelle controversie soggette al rito del lavoro l'omessa lettura del dispositivo all'udienza di discussione determina, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, c.p.c., la nullità insanabile della sentenza per mancanza del requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto, correlato alle esigenze di concentrazione del giudizio e di immutabilità della decisione, dovendosi ritenere, ove l'omissione abbia riguardato la decisione assunta dal giudice d'appello, che la Corte di cassazione, qualora la nullità sia stata dedotta come motivo di impugnazione, debba limitare la pronunzia alla declaratoria di nullità con rimessione della causa al primo giudice senza decidere nel merito, trovando applicazione tale ultima regola, desumibile dagli artt. 353 e 354 c.p.c., esclusivamente nei rapporti tra il giudizio di appello e quello di primo grado.

Testo massima n. 2


Nel rito del lavoro, l'attestazione della lettura del dispositivo all'udienza di discussione della causa deve risultare dal verbale di udienza, senza che assuma rilievo che, nella narrativa della sentenza, il collegio abbia dato atto del compimento di tale incombente, dovendosi escludere - a differenza di quanto stabilito dall'art. 126 c.p.c. per il cancelliere, al quale sono richieste specifiche attestazioni nella redazione del verbale di udienza - che l'art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., nel prevedere, tra i contenuti necessari della sentenza, una "concisa esposizione dello svolgimento del processo", attribuisca al giudice un particolare potere certificativo.

Normativa correlata