Cass. civ. n. 369 del 20 gennaio 1986

Testo massima n. 1


Il limite posto dall'art. 732 c.c. al diritto del coerede di disporre liberamente della quota, preordinato al fine di evitare che nei rapporti tra coeredi, il più delle volte legati da vincoli familiari, si intromettano estranei con fini speculativi, sussiste soltanto rispetto alle alienazioni di quota unitaria o di parte della medesima (intesa come frazione matematica), e non nel caso di alienazioni di uno o più beni determinati, le quali hanno effetti meramente obbligatori ed essendo condizionate all'attribuzione dei beni stessi, in sede di divisione, al coerede alienante, non consentono alcuna interferenza dell'acquirente nell'ambito della comunione. Tuttavia, l'indicazione di beni determinati nel contratto di alienazione non costituisce elemento decisivo per escludere l'ipotesi di trasferimento della quota ereditaria o di parte di essa, occorrendo accertare se l'acquirente sia stato o non introdotto nella comunione. A tal fine è necessaria l'indagine che si avvalga tanto del dato oggettivo della rappresentatività quantitativa del bene, quanto del dato soggettivo della volontà dei contraenti, desumibile anche dal comportamento successivo al negozio, con l'avvertenza che, nel caso di alienazione di quota indivisa dell'unico cespite ereditario, il criterio oggettivo acquista un peso particolare che costituisce una presunzione a favore degli altri coeredi i quali intendano esercitare il retratto.