Cass. civ. n. 3708 del 5 novembre 1975
Testo massima n. 1
Ai sensi dell'art. 221, secondo comma, c.p.c., l'atto con il quale la querela di falso viene proposta, in via principale o in corso di causa, deve contenere, a pena di nullità dell'atto stesso, e, quindi, d'inammissibilità della querela, l'indicazione degli elementi e delle prove della dedotta falsità. Questa norma non si pone in contrasto con gli artt. 24 e 3 della Costituzione, e va conseguentemente dichiarata la manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimità costituzionale, sotto tale profilo sollevata; essa, infatti, non pone alcun termine perentorio pregiudizievole del diritto di difesa delle parti, limitandosi a prescrivere quali siano i requisiti necessari per il perfezionamento dell'atto processuale di impugnazione per falsità, né, d'altra parte, crea ingiusta disparità di trattamento fra chi proponga la querela di falso e chi chieda la verificazione di una scrittura privata disconosciuta, stante la sostanziale e strutturale diversità fra i due istituti con particolare riguardo all'atteggiarsi dell'onere della prova ed alla posizione processuale delle parti.