14 Mag Cassazione civile Sez. VI-3 ordinanza n. 3767 del 15 febbraio 2018
Testo massima n. 1
L’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti [ circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del “quantum debeatur” ]. Nei casi suddetti è pertanto onere del convenuto provare che vittima e superstite fossero tra foro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo
Articoli correlati
[adrotate group=”9″]