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Cassazione civile Sez. III sentenza n. 8145 del 3 aprile 2009

Cassazione civile Sez. III sentenza n. 8145 del 3 aprile 2009

Testo massima n. 1

L’estinzione del mandato senza rappresentanza per intervenuto compimento dell’affare da parte del mandatario, ai sensi dell’art. 1722, n. 1, c.c., non fa venir meno la sua legittimazione ad esercitare nei confronti del terzo le azioni connesse agli atti compiuti per conto del mandante, non rilevando che il mandatario non abbia affrontato spese per compiere l’attività oggetto del mandato o che non abbia subito danni per l’inadempimento del terzo o per l’attività illecita posta in essere

da soggetti del cui comportamento egli debba rispondere, costituendo principio generale che, al di fuori di specifiche ipotesi derogatorie [ previste dagli artt. 1705, secondo comma, e 1706, primo comma, c.c. ], l’estinzione del mandato per una qualsiasi delle cause contemplate dall’art. 1722 c.c. non è idonea a riverberare i suoi effetti sul diverso rapporto intercorso tra mandatario e terzo [ nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, sul presupposto che il mandato non può produrre effetti ultrattivi rispetto al momento della sua estinzione avvenuta con il compimento dell’affare consistente nell’acquisto di azioni di una banca con effetto traslativo in capo ai clienti mandanti, aveva escluso la legittimazione del mandatario a far valere nei confronti del terzo il credito risarcitorio connesso all’acquisto delle azioni, il cui valore era stato successivamente azzerato con perdita economica addebitata ai clienti; la S.C., nell’enunciare il principio di diritto, ha censurato la decisione che aveva conseguentemente ritenuto che il mandatario non potesse cedere a terzi il medesimo credito di cui non era titolare ].

Testo massima n. 2

La cessione del credito è un negozio a causa variabile che può assolvere a diverse funzioni [ vendita, donazione, adempimento e garanzia ], nel quale il trasferimento del credito può avvenire a titolo gratuito o oneroso ed al quale si applica il principio della cosiddetta “presunzione di causa”, che può anche non essere indicata nello stesso negozio. Pertanto, il cessionario che agisca nei confronti del debitore ceduto è tenuto a dare prova soltanto del negozio di cessione quale atto produttivo di effetti traslativi e non anche a dimostrare la causa della cessione stessa; né il debitore ceduto può interferire nei rapporti tra cedente e cessionario, in quanto il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio, sicché egli è soltanto abilitato ad indagare sull’esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione, specie quando questa gli sia stata notificata dal solo cessionario.

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