14 Mag Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2680 del 6 giugno 1998
Testo massima n. 1
Ai fini dell’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, l’irrogazione di una pena detentiva di notevole entità non è, di per sé sola, sufficiente a integrare il concreto pericolo di fuga della persona che ne è destinataria, dal momento che il legislatore non ha configurato tale situazione come sintomatica di detta esigenza cautelare e che, normalmente, prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, ogni imputato rimane in stato di libertà, prevedendo il vigente codice di rito la misura cautelare della custodia in carcere soltanto come l’ultima applicabile tra quelle meno gravose previste in marginali casi di specifica gravità. Ne consegue che l’esistenza di una condanna a pena di una certa rilevanza deve essere accompagnata da concreti elementi di fatto sintomatici dell’esistenza di un pericolo di fuga, non identificabili con circostanze ipotizzate in via meramente eventuale. [ Fattispecie nella quale il giudice del merito aveva rigettato l’appello avverso il diniego di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, sul rilievo che l’entità della pena inflitta con la sentenza – 23 anni di reclusione – era idonea a determinare propositi di fuga, facendo così passare in secondo piano il tempo trascorso in stato di detenzione ].
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Testo massima n. 2
Nell’esaminare la richiesta di sostituzione di una misura cautelare con una meno afflittiva, il giudice deve procedere a motivatamente valutare — in considerazione del periodo di applicazione della stessa, della personalità dell’interessato, delle modalità del fatto di reato addebitatogli, del contesto sociale in cui lo stesso è stato commesso, dell’eventuale pena irrogata [ o irroganda ] — se persista o non la sua specifica idoneità a salvaguardare, nel caso concreto, quelle esigenze cautelari che ne hanno determinato l’applicazione, confermando quella più grave nel caso di una sua attuale proporzionalità con detti parametri ovvero sostituendola con quella meno grave se sia venuto meno detto rapporto di proporzionalità.
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