Cass. civ. n. 26327 del 20 dicembre 2016
Testo massima n. 1
L'interversione nel possesso non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore - rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi possa rendersi conto dell'avvenuto mutamento - dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato d'esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente "animus detinendi" dell'"animus rem sibi habendi". Non rilevano, a tal fine, l'inottemperanza alle pattuizioni in forza delle quali la detenzione era stata costituita, verificandosi, in questo caso, un'ordinaria ipotesi di inadempimento contrattuale, né meri atti di esercizio del possesso, traducendosi gli stessi in un'ipotesi di abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'interversione nel possesso, da parte del conduttore ed ex proprietario del bene poi espropriato, osservando, da un lato, che la stipula di contratti di locazione e la percezione dei relativi canoni, lo svolgimento di opere di manutenzione e la gestione delle utenze, erano tutte condotte non rivolte nei confronti del soggetto espropriante, e, dall'altro, che la proposizione del giudizio di opposizione alla stima e della domanda di retrocessione dell'immobile erano atti comportanti il riconoscimento del diritto di quest'ultimo).
Testo massima n. 2
Ai sensi degli artt. 1165 e 2944 c.c., l'usucapione della proprietà è interrotta dal riconoscimento del diritto altrui, ossia dal fatto che il possessore “ad usucapionem” riconosca il diritto di proprietà del soggetto cui il bene formalmente appartiene e, in questo senso, implicano certamente un riconoscimento dell'altrui proprietà tanto le domande di opposizione alla stima dell'indennità di esproprio proposte dall'espropriato, quanto quella di retrocessione del bene: l'opposizione alla stima, infatti, presuppone la presa d'atto dell'esproprio, ossia del formale trasferimento coattivo della proprietà del bene a favore dell'espropriante; la domanda di retrocessione, invece, consistendo in una richiesta di ritrasferimento della proprietà del bene all'espropriato sul presupposto che siano venute meno le ragioni dell'atto ablatorio, implica il riconoscimento, da parte dell'ex proprietario, del pregresso passaggio della proprietà del bene all'espropriante per effetto dell'emissione del decreto di esproprio.