14 Mag Cassazione civile Sez. II sentenza n. 5594 del 22 marzo 2016
Testo massima n. 1
In tema di distanze tra costruzioni su fondi finitimi, ai sensi dell’articolo 873 c.c., con riferimento alla determinazione del relativo calcolo, poiché il balcone, estendendo in superficie il volume edificatorio, costituisce corpo di fabbrica, e poiché l’articolo 9 del D.M. 2 aprile 1968 – applicabile alla fattispecie, disciplinata dalla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, come modificata dalla legge 6 agosto 1967 n. 765 – stabilisce la distanza minima di mt. 10 tra pareti finestrate e pareti antistanti, un regolamento edilizio che stabilisca un criterio di misurazione della distanza tra edifici che non tenga conto dell’estensione del balcone, è contra legem in quanto, sottraendo dal calcolo della distanza l’estensione del balcone, viene a determinare una distanza tra fabbricati inferiore a mt. 10, violando il distacco voluto dalla c.d. legge ponte [ legge 6 agosto 1967 n. 765, che, con l’articolo 17, ha aggiunto alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150 l’articolo 41 quinquies, il cui comma non fa rinvio al D.M. 2 aprile 1968, che all’articolo 9, numero 2, ha prescritto il predetto limite di mt. 10 ].
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Testo massima n. 2
In tema di distanze tra costruzioni, la facoltà, evincibile dall’art. 903 c.c., di trasformare una veduta illegittima in luce è esercitabile a condizione che anche quest’ultima sia aperta lungo il medesimo muro preesistente, non essendo altrimenti consentita la trasformazione dell’una apertura nell’altra. [ Nella specie, la S.C. ha escluso che una veduta esercitata attraverso un balcone posto a distanza inferiore a quella ex art. 905, comma 2, c.c. potesse essere eliminata e trasformata in luce, mediante la creazione “ex novo” di muri di tamponamento sui tre lati del balcone medesimo ].
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