14 Mag Cassazione penale Sez. V sentenza n. 4726 del 4 giugno 1986
Testo massima n. 1
L’art. 7 del D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, nel regolare gli adempimenti dei concorrenti e della commissione al termine delle prove scritte nei concorsi per l’assunzione agli impieghi dello Stato, dispone tra l’altro che il candidato, dopo aver scritto il proprio nome e cognome, la data ed il luogo di nascita nel cartoncino, lo deve chiudere in una busta piccola, compiendo altre operazioni e consegnandolo al presidente della commissione o del comitato di vigilanza, od a chi ne fa le veci. È inoltre stabilito, in questo articolo, che il riconoscimento dei candidati deve essere fatto dopo che tutti i lavori siano stati esaminati e giudicati. Queste disposizioni regolamentari significano che la dichiarazione sull’identità della propria persona, scritta sul cartoncino, è destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico; sicché il partecipante al concorso che si attribuisca l’identità di altro partecipante commette il reato di cui all’art. 495 c.p.
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Testo massima n. 1
Nell’ipotesi in cui la presentazione di un elaborato come proprio in un concorso per l’assunzione agli impieghi dello Stato è realizzata attraverso una falsa dichiarazione sull’identità della propria persona ad un pubblico ufficiale, il reato previsto dalla L. 19 aprile 1925, n. 475 concorre con quello di cui all’art. 495 c.p. essendo inapplicabile il principio di specialità. Infatti il concorso apparente presuppone un medesimo fatto, che è l’imprescindibile termine di paragone delle norme confliggenti. Nel caso, sono diversi i fatti costitutivi delle due ipotesi delittuose; il collegamento strumentale che le unisce non legittima l’assorbimento dell’una nell’altra, imponendo invece l’aggravamento della pena ai sensi dell’art. 61, n. 2 c.p.
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