14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 13113 del 2 ottobre 1990
Testo massima n. 1
L’art. 385 terzo comma c.p. nel punire l’allontanamento dell’imputato, sottoposto agli arresti domiciliari, dalla propria abitazione configura un’autonoma fattispecie delittuosa equiparata al delitto di evasione di cui ai precedenti commi soltanto quoad poenam.
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Testo massima n. 1
L’incriminazione della condotta dell’imputato allontanatosi dalla propria abitazione, ove sia astretto per gli arresti domiciliari, trova la sua ratio nell’esigenza di garantire il rispetto dei provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria in tema di libertà personale. L’autorizzazione di allontanarsi dal domicilio per recarsi al lavoro fissa il limite invalicabile entro il quale la condotta stessa non è punibile. Ne consegue che l’imputato, nell’ipotesi in cui violi l’autorizzazione stessa e si rechi in località diversa dal luogo di lavoro indicato, pone in essere un comportamento che, eccedendo dal permesso accordatogli, rientra nella previsione dell’art. 385 c.p.
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