14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 277 del 27 marzo 1993
Testo massima n. 1
Il delitto di corruzione, attiva o passiva [ artt. 318, 319 c.p. ], può sussistere se ed in quanto il patto di corruzione coinvolga il pubblico ufficiale [ o l’incaricato di pubblico servizio ]. Ne consegue che, ogni qual volta vi sia un intermediario, l’azione corruttrice non deve arrestarsi a quest’ultimo, ma deve, quanto meno, essere nota al pubblico ufficiale competente ad emettere l’atto di mercimonio; deve, cioè, potersi ricavare univocamente dai fatti il consenso del pubblico ufficiale [ o dell’incaricato di pubblico servizio ] alla pattuizione illecita. [ Nella specie, la Corte ha rigettato il ricorso del difensore, in fase di indagini preliminari, avverso provvedimento cautelare coercitivo per il reato di corruzione — in cui non era ancora identificato il pubblico ufficiale, ma erano accertate la corresponsione di danaro al partito politico cui il pubblico ufficiale era legato e l’aggiudicazione di appalti agli indagati erogatori delle somme — motivato sulla esistenza, ritenuta gravemente indiziante, di un nesso causale inscindibile tra le prestazioni in danaro e l’aggiudicazione degli appalti ].
Articoli correlati
[adrotate group=”13″]