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Cassazione penale Sez. V sentenza n. 11915 del 12 marzo 2004

Cassazione penale Sez. V sentenza n. 11915 del 12 marzo 2004

Testo massima n. 1

Integra il reato di falsità materiale in atto pubblico [ art. 476 c.p. ] – anche nell’ipotesi che il fatto sia stato commesso prima dell’introduzione nel codice penale dell’art. 491 bis, ad opera dell’art. 3 della legge 23 dicembre 1993, n. 547 – la condotta del pubblico dipendente che inserisca nell’archivio informatico dell’Albo nazionale dei costruttori dati non corrispondenti alle delibere adottate dai competenti organi deliberativi del predetto Albo – determinando l’iscrizione illecita di numerose imprese per categorie e per importi di lavori che in realtà non erano stati loro riconosciuti – in quanto, nella previsione di cui all’art. 476 c.p. rientrava, ancor prima che entrasse in vigore l’espressa previsione dell’art. 491 bis, la condotta del pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, avesse formato un atto informatico sostanzialmente o formalmente falso, posto che anche attraverso lo strumento informatico il pubblico ufficiale può, nell’esercizio delle sue funzioni, formare un documento rappresentativo di atti o fatti, destinato a dare quella certezza alla cui tutela sono preposte le norme penali.

Testo massima n. 1

Integra il reato di falsità materiale in atto pubblico [ art. 476 c.p. ] — anche nell’ipotesi che il fatto sia stato commesso prima dell’introduzione nel codice penale dell’art. 491 bis, ad opera dell’art. 3 della legge 23 dicembre 1993, n. 547 — la condotta del pubblico dipendente che inserisca nell’archivio informatico dell’Albo nazionale dei costruttori dati non corrispondenti alle delibere adottate dai competenti organi deliberativi del predetto Albo — determinando l’iscrizione illecita di numerose imprese per categorie e per importi di lavori che in realtà non erano stati loro riconosciuti — in quanto, nella previsione di cui all’art. 476 c.p. rientrava, ancor prima che entrasse in vigore l’espressa previsione dell’art. 491 bis, la condotta del pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, avesse formato un atto informatico sostanzialmente o formalmente falso, posto che anche attraverso lo strumento informatico il pubblico ufficiale può, nell’esercizio delle sue funzioni, formare un documento rappresentativo di atti o fatti, destinato a dare quella certezza alla cui tutela sono preposte le norme penali.

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