14 Mag Cassazione penale Sez. I sentenza n. 3236 del 18 marzo 1994
Testo massima n. 1
L’istituto dell’oblazione previsto dall’art. 162 c.p. si differenzia sostanzialmente da quello di cui all’art. 162 bis stesso codice, aggiunto dall’art. 12 della L. 24 novembre 1981, n. 689. Nel primo si configura un vero e proprio diritto pubblico soggettivo in capo all’imputato, con conseguente limitazione del potere-dovere all’accertamento formale della figura di reato e al controllo dell’avvenuto pagamento della somma corrispondente all’entità prevista dalla norma e dalle spese di giustizia. Per contro, nell’ipotesi prevista dall’art. 162 bis c.p., al giudice di merito è riconosciuto un ampio potere discrezionale, con riferimento alla valutazione del fatto materiale, alla sua gravità, alle conseguenze dannose o pericolose ed alla eventuale possibilità di eliminazione delle stesse da parte dell’imputato. Ne consegue che la permanenza di conseguenza dannose o pericolose del reato, eliminabili dal contravventore, viene in evidenza ed ha efficacia ostativa al ricorso — ed all’ammissione — all’oblazione soltanto quando si verte nelle ipotesi previste dall’art. 162 bis c.p.
Il procedimento per l’oblazione di cui all’art. 162 c.p. è ammissibile anche in relazione ai reati permanenti e a quelli eventualmente permanenti. La permanenza, in mancanza del fatto dell’agente, viene a cessare proprio con la sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato, della quale la procedura di ammissione all’oblazione costituisce soltanto un presupposto necessario.
Articoli correlati
[adrotate group=”13″]