14 Mag Cassazione penale Sez. V sentenza n. 6403 del 3 maggio 1990
Testo massima n. 1
L’omicidio preterintenzionale si differenzia da quello previsto dall’art. 586 c.p. [ morte come conseguenza di altro delitto ] perché nel primo delitto l’attività del colpevole è diretta a realizzare un fatto che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe reato di percosse o di lesione personale, mentre nel secondo delitto la detta attività deve concretare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali. Nella preterintenzionalità è necessario che la lesione giuridica si riferisca allo stesso genere di interessi giuridici [ es. incolumità e vita ], mentre nell’ipotesi di cui all’art. 586 la morte o la lesione deve essere conseguenza di delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni. Va ancora osservato che, per aversi omicidio preterintenzionale, non è peraltro necessario che la volontà di percuotere o di ledere abbia avuto il suo esito materiale, essendo sufficiente che l’autore dell’aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o a ledere, incluso quindi anche il tentativo. [ Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, si è ritenuta la sussistenza del reato di omicidio preterintenzionale e non del delitto di cui all’art. 586 c.p. poiché, sia volendo considerare comunque unitaria l’azione, sia volendo dar credito alla tesi difensiva del frazionamento di essa, le conclusioni non potevano mutare: nel primo caso vi era stata addirittura lesione alla gamba con il primo colpo e nel secondo caso l’interposta minaccia [ secondo colpo mediante sparo in aria ] sarebbe poi stata comunque seguita dall’atto diretto a percuotere e a ledere mediante l’uso della pistola come corpo contundente ].
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