14 Mag Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2634 del 19 marzo 1993
Testo massima n. 1
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 584 c.p., in quanto previsione normativa di un’ipotesi di responsabilità obiettiva, in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto a fattispecie che presenterebbero identica connotazione [ evento non voluto posto a carico dell’agente: artt. 83, 116, 586 c.p. ] e con l’art. 27, primo comma, Cost., in forza del quale l’imputazione dell’illecito penale si concreta nella rapportabilità [ o riferibilità ] psichica del fatto all’agente sotto il profilo minimale della prevedibilità, intesa quale capacità di prevedere le conseguenze della propria condotta e di esercitare su questa il dovuto controllo finalistico. Da un lato, infatti, non è invocabile il principio di uguaglianza, quando si pongono a raffronto situazioni come quelle richiamate dagli artt. 584, 83, 116 e 586 c.p., che sono sostanzialmente dissimili tra loro, al di là del dato formale comune dell’imputazione di un evento non voluto o non avuto di mira direttamente dall’agente. Dall’altro, poi, va considerato che la giurisprudenza configura la preterintenzione come dolo misto a colpa, i cui profili non confliggono, ma sono in linea con le pronunce nn. 364 e 1085/1988 della Corte costituzionale, in tema di personalizzazione dell’illecito penale.
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