14 Mag Cassazione penale Sez. I sentenza n. 11394 del 13 novembre 1991
Testo massima n. 1
Il criterio distintivo tra il delitto di strage e quello di incendio e gli altri delitti contro la pubblica incolumità è costituito dal fine di uccidere: l’incendio, quando sia stato determinato dal fine di uccidere, integra sempre il delitto di cui all’art. 422 c.p., anche quando non sia stata cagionata la morte di alcuno. La sussistenza del fine di uccidere, inoltre, esclude, per definizione, che il fatto integri la fattispecie del delitto di danneggiamento mediante incendio, nel quale il dolo è costituito dal fine – che deve essere esclusivo – di danneggiare la cosa altrui.
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Testo massima n. 1
Il delitto di strage consiste nel fatto di chi, al fine di uccidere, compie atti concretamente idonei a porre in pericolo la pubblica incolumità, intesa come il bene della sicurezza della vita e dell’integrità fisica, riferita non già ad una o più persone, ma alla collettività nel suo insieme, come bene di tutti e di ciascuno. Nel delitto di strage il pericolo per la pubblica incolumità, contrariamente a quanto si afferma dal ricorrente, costituisce l’evento del delitto, è elemento essenziale del reato e, in quanto tale, deve essere previsto e voluto dall’agente, come conseguenza degli atti – commissivi od omissivi – posti in essere, [ dolo generico ]. Pertanto non è condizione oggettiva di punibilità che è fatto esterno al reato, il cui verificarsi è del tutto indipendente dalla volontà dell’agente, e ne condiziona esclusivamente la punibilità.
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