14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 9879 del 4 novembre 1997
Testo massima n. 1
Il delitto di assistenza agli associati, di cui all’art. 418 c.p., presuppone la coincidenza temporale dell’attività di assistenza con la operatività dell’associazione criminale, in quanto l’aiuto prestato agli associati dopo la cessazione del sodalizio criminoso, sotto forma di rifugio o di fornitura di vitto, può integrare eventualmente il delitto di favoreggiamento personale di cui all’art. 378 c.p. Quest’ultimo delitto, peraltro, può ben configurarsi anche durante la permanenza del reato associativo, costituendo il discrimine tra i due reati la finalità e gli effetti della condotta. Integra pertanto il reato di cui all’art. 418 c.p., e non quello di favoreggiamento, la condotta di chi fornisce rifugio o vitto agli associati qualora, essendo tuttora operante l’associazione per delinquere, non siano in corso investigazioni o ricerche da parte dell’autorità giudiziaria per non esserne stata ancora accertata la sua esistenza.
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Testo massima n. 1
In relazione alle differenze tra le ipotesi delittuose previste dagli artt. 378 e 418 c.p., poiché il reato associativo si deve ritenere commesso quando abbia avuto inizio la condotta che ne costituisce l’essenza, indipendentemente dal suo perdurare nel tempo, il reato di favoreggiamento personale, ove ne ricorrano gli estremi, può configurarsi indipendentemente dalla cessazione della permanenza. L’art. 418 c.p., invece, trova applicazione quando sia stata posta in essere la condotta da esso prevista [ fornitura di rifugio o di vitto agli associati ] e questa non abbia contribuito però agli effetti previsti dall’art. 378 c.p. né sia stata diretta al perseguimento di tali effetti.
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