14 Mag Cassazione penale Sez. III sentenza n. 3897 del 23 marzo 1976
Testo massima n. 1
È configurabile il delitto di autocalunnia mediante incolpazione implicita allorché taluno dichiari, all’autorità giudiziaria o ad altra autorità tenuta a riferire alla predetta, non rispondente al vero l’accusa precedentemente formulata nei confronti di altra persona relativamente ad un fatto costituente reato, sempre che l’accusa ritrattata risponda al vero e di ciò il soggetto sia consapevole. In detta ipotesi l’autore della dichiarazione, pur senza accusarsi esplicitamente di avere falsamente incolpato un innocente e cioè di aver commesso calunnia nei confronti del medesimo, necessariamente, in base al tenore stesso della ritrattazione dell’accusa [ della cui fondatezza egli è invece consapevole ] ed in forza del significato auto – accusatorio che la logica alternativa [ inclusio unius, exclusio alterius ] conferisce a detta ritrattazione, pone in essere l’implicita falsa affermazione a proprio carico di un reato inesistente [ calunnia ]. Né la circostanza che la ritrattazione, implicitamente autocalunniosa, dell’accusa iniziale avvenga nel corso di un processo penale nel quale detta accusa sia stata ritenuta degna di fede e formalmente tradotta in imputazione, priva il fatto dell’idoneità a ledere l’interesse protetto con la norma penale di cui all’art. 369 c.p., determinandone per questa via l’impunibilità ai sensi dell’art. 49 c.p. perché non può in assoluto escludersi la possibilità che la falsa ritrattazione, scuotendo il credito riposto nel denunciante, o provocando un esercizio a vuoto di ulteriore attività processuale per la verifica del fondamento della falsa dichiarazione di innocenza del denunciato, esplichi una influenza fuorviante per il corso della giustizia.
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