14 Mag Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 1 del 18 marzo 1970
Testo massima n. 1
Il delitto di attentato contro l’integrità dello Stato, enunciato dalla legge nella ipotesi astratta di «un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero» [ art. 241 c.p. ], si concreta, nelle sue condizioni necessarie e sufficienti, quando il fatto commesso dall’agente, per la sua natura, le sue caratteristiche, la sua sintomaticità, sia espressione di un tale agire [ non inidoneo ] da potersi considerare, alla stregua dei canoni della logica valutativa delle azioni umane, come iniziazione d’opera ideata, messa in esecuzione di concepito progetto, passaggio dalla fase preparatoria alla fase esecutiva di efficiente programma avente per obiettivo ultimo il risultato della sottoposizione del territorio dello Stato o di una parte di esso alla sovranità di Stato straniero. Il delitto di attentato all’integrità dello Stato [ art. 241 c.p. ] è un reato di pericolo: più esattamente, in relazione alle esigenze strutturali del medesimo, esso può considerarsi un reato di pericolo con più successive e progressive situazioni di pericolo. La idoneità della condotta con cui si commette tale delitto [ in relazione ai caratteri strutturali dello stesso ed in applicazione dei criteri con cui il giudizio di idoneità deve svolgere nei reati di pericolo ] sussiste quando sia insorta, dall’azione del reo, quella situazione dalla quale può darsi che, anche col concorso di altri fattori imprevisti ed eventuali ma possibili, si svolga un processo di attività conducente all’evento del danno. Ciò significa che il giudizio di idoneità coincide esattamente con il giudizio di tipicità: il dire che il fatto concreto all’esame del giudice è un attacco incipiente all’integrità dello Stato vale a dire che esso è idoneo e viceversa. Il requisito della idoneità, necessario per ogni reato a norma dell’art. 49 c.p. deve ritenersi realizzato all’esito positivo del giudizio di «non inidoneità» del quod actum, prescindendo dal quesito se il quod actum era per se stesso capace della conseguenza della disintegrazione dello Stato. Non è rilevante, pertanto, per concretare la idoneità dell’azione nel delitto in esame, la questione sulla necessità che il fatto di condotta sia idoneo nel senso della probabilità e la distinzione fra idoneità potenziale ed idoneità attitudinale; ciò che basta è che si tratti di una iniziativa non inidonea [ ad es. un’azione priva di precedente preparazione o sconnessa dal programma o sviata o velleitaria o inutile o fallace ]. In particolare, per assegnare al fatto concreto oggetto del giudizio la qualifica di fatto diretto a sottoporre il territorio», cioè perché nel fatto concreto all’esame del giudice si realizzi il giudizio di tipicità che coincide col giudizio di idoneità di un agire umano a creare una situazione di pericolo per l’integrità dello Stato, l’interprete deve rifarsi alla situazione di pericolo denotata dalle condizioni storiche e ambientali in cui l’iniziativa di attacco si compie.
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Testo massima n. 1
Il delitto di strage politica previsto dall’art. 285 c.p. si differenzia da quello di strage comune soltanto per la presenza, nel primo reato, dell’elemento psicologico subspecifico [ fine – motivo ], che segna la connessione tra l’azione e l’intento finalistico di recare offesa alla personalità dello Stato, restando per il resto identiche le due figure delittuose nell’elemento obiettivo e nell’elemento subiettivo proprio del reato [ dolo ]. In altri termini, la strage è reato comune [ contro la pubblica incolumità ] se l’agente non abbia avuto altro fine che quello di uccidere private persone; diventa reato speciale politico .
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