Cass. pen. n. 1817 del 14 agosto 1996
Testo massima n. 1
Nessuna delle esigenze cautelari indicate dall'art. 274 c.p.p., come presupposto inderogabile per disporre la custodia cautelare in carcere, riveste carattere punitivo ed emendativo, rispondendo tutte a necessità di ordine processuale o preventivo che le fa caratterizzare come norme processuali. (Fattispecie in cui il tribunale del riesame aveva confermato l'ordinanza di rigetto di istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare in carcere ex art. 297, comma terzo c.p.p., come novellato dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, proposta da soggetto al quale era stata applicata la custodia in carcere con due ordinanze, l'una per i reati di cui agli artt. 110, 73 e 80 D.P.R. 1990, n. 309, e l'altra, emessa in seguito, per partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e nei confronti del quale era stato disposto il rinvio a giudizio per i fatti oggetto del primo provvedimento restrittivo successivamente a quello per i delitti contestati con la seconda ordinanza nonché era intervenuta condanna per i reati ex artt. 110, 73 e 80 D.P.R. 1990, n. 309 in epoca precedente a quella pronunciata per gli altri addebiti. Il tribunale, nell'escludere la decorrenza dei termini di custodia cautelare in carcere dall'esecuzione della prima ordinanza aveva rilevato che nella specie non era applicabile la novella 332 del 1995 perché la fase delle indagini si era esaurita con la richiesta del rinvio a giudizio per il reato associativo, avvenuta prima dell'entrata in vigore della legge 1995, n. 332. Dalla natura processuale delle norme regolanti la misura cautelare aveva dedotto che la nuova disciplina trovava immediata applicazione nella fase in atto all'epoca dell'entrata in vigore della stessa. L'imputato con il ricorso per cassazione aveva sostenuto che le norme disciplinanti la custodia cautelare hanno carattere misto, sono cioè anche di natura sostanziale in quanto svolgono pure una funzione repressiva, sono dirette a prevenire un'eventuale futura condotta criminosa, e dallo stesso legislatore sono strutturate in modo analogo alla pena detentiva, tanto da potere convertirsi in quest'ultima, secondo il disposto dell'art. 137 c.p. Per la natura sostanziale della misura cautelare, su di essa incideva la nuova disciplina dettata dalla legge 1995 n. 332 che, pertanto, andava applicata ex art. 2 cpv. c.p.