14 Mag Cassazione civile Sez. I sentenza n. 12160 del 22 dicembre 1990
Testo massima n. 1
La parte che abbia fatto riserva di appello differito contro una sentenza non definitiva è obbligata a proporre l’appello in dipendenza dell’appello di altro soccombente, senza alcuna possibilità di potersi giovare della riserva di gravame in precedenza formulata, atteso il chiaro disposto dell’art. 340 c.p.c., che conserva efficacia a tale riserva a condizione che nessuna delle altre parti si avvalga della facoltà di impugnazione immediata. Pertanto, [ in caso di appello di altro soccombente ] la mancata impugnazione di chi abbia formulato la riserva – da effettuarsi anche nelle forme dell’impugnazione incidentale tardiva – determina il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva nella parte non impugnata.
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Testo massima n. 2
La sentenza che abbia pronunciato il divorzio ancorché comporti per la donna la perdita del cognome del marito aggiunto al proprio a seguito del matrimonio [ ai sensi dell’art. 5, secondo comma, L. 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 9 della L. 6 marzo 1987, n. 74 ], ove non contenga alcuna statuizione in ordine all’uso del detto cognome da parte della moglie, non costituisce titolo sufficiente per ottenere l’esecuzione forzata ex art. 612 c.p.c. della relativa inibitoria nei confronti della moglie che, malgrado la sentenza di divorzio, continui ad usare il cognome del marito, essendo a tal fine necessaria un’esplicita enunciazione del divieto del relativo uso.
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